Voi siete… sale e luce

09 febbraio 2020 – V domenica del TO – A

Gesù è salito sul monte, si è messo a sedere, ha annunciato le Beatitudini, «svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola “beati”… strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone» (Udienza 29/01/2020). Subito dopo, continuando il discorso, dice ai discepoli: Voi siete… il sale e la luce! Voi siete. Non dice sarete, né dovete essere, ma Voi siete. Ci sorprende e ci commuove questa affermazione. Non c’è un cammino da fare, una meta da raggiungere, lo siamo già, c’è un dono da vivere, quello del Battesimo, quando siamo stati illuminati, abbiamo ricevuto «la luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), siamo diventati «luce nel Signore» (Ef 5,8) e vivendo le Beatitudini, questa luce continuerà sempre a risplendere.

Oggi Gesù lo dice a noi e ci affida una missione: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). Egli, per mezzo dei cristiani, vuole illuminare «sempre di più l’intera società umana con la sua luce che salva» (LG 36). Ci indica anche il modo per risplendere: attraverso le opere buone evitando di farle per essere lodati dalla gente (cf Mt 6,1-4). Per evitare questo Gesù ci dice anche che siamo sale(1), il quale è un ottimo attore non protagonista: c’è, è necessario, appare sulla scena per esaltare il protagonista, ma poi scompare, si scioglie nei cibi e anche se non si vede, la sua presenza si sente.

Forse ci spaventa che siamo pochi e la terra è immensa: ma quanto sale ci vuole in una minestra? Un chilo? No, ne basta un pizzico. E basta anche solo una piccola fiammella per illuminare la notte più buia e dare un punto di riferimento che serve ad uscire dalle tenebre. Così basta anche un solo cristiano per dare sapore e illuminare una famiglia intera, un gruppo di amici, una equipe di lavoro: basta poco, soprattutto l’esempio di vita, una parola, uno sguardo accogliente, la disponibilità ad aiutare, fare il proprio dovere, amare tutti come Dio ci ama. Come il sale bisogna far esaltare il gusto di ognuno, senza sostituirsi a nessuno, avere la giusta “misura” nel mondo, non esagerare ed essere attenti a non perdere sapore: senza sapore non serviamo a nulla! È il rischio di essere insignificanti: ci sei o non ci sei, non cambia nulla.

“Per un acino di sale si può perdere tutta la minestra”: per una parola non detta o per una fuori luogo si può guastare un’amicizia, alimentare incomprensioni, rompere ciò che si voleva costruire; per una cattiva testimonianza si può creare scandalo. Un cristiano, una comunità senza sapore, che non ha una vita esemplare, non segue quotidianamente il Maestro, come lui stesso dice: «A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5,13). Ma Dio ha pensato a tutto, riesce anche a rigenerare ogni “acino di sale” [cristiano] che a causa del peccato ha perso sapore: misericordia infinita! Mai disperare, sempre ritornare da chi ci ama e a piene mani ridona sapore non una volta sola, ma 70 volte 7 (cf Mt 18,21-22). Siamo sale e luce. Allora coraggio: diamo sapore e illuminiamo la terra e il mondo in cui viviamo.

don Alfonso

1. Cf A. LETTIERI, Il Vangelo raccontato da chi non ti aspetti, ELLEDICI, Torino 2019, 119-122.