Siamo all’ultima domenica dell’Anno liturgico. Abbiamo percorso l’itinerario della salvezza con l’attesa del Messia e la sua nascita; ci siamo preparati alla Pasqua vivendo una Quaresima drammatica a causa della pandemia, ma proprio in quel tempo abbiamo sperimentato ancor più la luce della Parola, la forza della preghiera e abbiamo visto il moltiplicarsi della solidarietà. La gioia della Pasqua ci ha permesso di guardare avanti, di non disperare per la morte di tante persone: Gesù è morto e risorto per donarci la sua stessa vita [eterna].
Abbiamo un anno in più, siamo diventati tutti più grandi; è cresciuta anche la nostra fede sostenuta dalla speranza e vissuta nella carità?
Oggi guardiamo Gesù Re dell’Universo, in un contrasto tra la sua regalità e la sua identificazione con i più piccoli, tanto che tutto quello che facciamo a uno solo di questi, lo facciamo a lui. Infatti, egli stesso è stato straniero (cf Mt 2,13), ha avuto fame (cf Mt 4,2), è stato carcerato (cf Mt 26,50); sulla croce è stato appeso nudo (cf Gv 19,23), ha avuto sete (cf Gv 19,28).
Questa parola ci aiuta ad avere uno sguardo di fede sulla quotidianità, unico luogo della nostra salvezza, unico luogo in cui possiamo vivere la nostra fede, “occasione” preziosa per amare Dio nei nostri fratelli: «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20).
Ci troviamo davanti ad una delle pagine più chiare del Vangelo; dopo averla ascoltata non c’è nulla da aggiungere, bisogna solo viverla. Gesù ritornerà nella sua gloria – lo professiamo ogni domenica – davanti a lui saranno radunati tutti i popoli, la salvezza, infatti, è per tutti. Saremo giudicati solo sull’amore che abbiamo vissuto, non c’è altra materia di giudizio. E non un amore “spirituale” per Dio fatto di pratiche religiose, ma quello che si è sporcato le mani per soccorrere i bisognosi: l’amore è l’unica misura della nostra fede, l’unica via di salvezza! «Le opere di misericordia risvegliano in noi l’esigenza e la capacità di rendere viva e operosa la fede con la carità» (Papa Francesco).
Purtroppo il ritorno del Signore e il suo giudizio [universale] è stato spesso rappresentato come il giorno dell’ira di Dio (Dies irae), tanto che questo incontro non è desiderato e fa paura. Ma chi viene è il nostro Re, venuto per servire e dare la vita per noi (cf Mc 10,45), «perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Certo, le parole che dice a quelli alla sua sinistra sono durissime: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo» (Mt 25,41), ma questi ultimi non hanno mai amato, non hanno dato nemmeno un bicchiere di acqua e a chi non ama alla fine non resta nulla. «Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14) e ha scelto già di stare lontano da Dio.
Gesù vuole incoraggiarci e non spaventarci; non ci chiede grandi cose, superiori alle nostre forze (cf Sal 130). Ci chiede di fare il bene possibile secondo le nostre capacità, i nostri mezzi, ma di farlo senza esitare, senza calcoli e scuse (cf Mc 7,8-13). Ci chiede di essere umani, di accorgerci degli altri e ancor più in questo tempo di paura a causa della pandemia, bisogna mettere in circolo i beni ricevuti.
Maria ci doni la sua sensibilità nell’accorgerci delle necessità dei piccoli (cf Gv 2,3) e la fretta nel soccorrerli (cf Lc 1,39).
don Alfonso Lettieri