Inizia oggi il nuovo anno liturgico, mentre si sta per concludere l’anno solare 2020, un anno caratterizzato dall’emergenza sanitaria, segnato da sofferenza e morte, ma anche da tanta solidarietà e carità. Proprio alla fine di questo anno, l’Avvento ci invita a guardare al futuro con speranza. Infatti, «Se i segni di morte balzano agli occhi e s’impongono attraverso i mezzi d’informazione, i segni di risurrezione sono spesso nascosti, ma reali ancor più di prima… Vi riconosciamo i segni della risurrezione di Cristo, sui quali si fonda la nostra fiducia nel futuro» (CEI, Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 3).
Quante volte in questo anno abbiamo chiesto aiuto al Signore. Oggi lo facciamo con le parole di Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Questo tempo che ci prepara al Natale di Gesù, ci dice che Dio ha ascoltato questa preghiera, è sceso, è l’Emmanuele, a Betlemme si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi (cf Gv 1,14), ha preso su di sé la nostra umanità, ha dato la sua vita per noi.
Ci prepariamo a celebrare questa vicinanza, questo amore senza limiti, non un semplice ricordo di un fatto accaduto 2020 anni fa, ma la Sua presenza in mezzo a noi tutti i giorni (cf Mt 28,20). Anche in questo anno, in questa “tempesta” che si è scatenata nel mondo, Dio non si è mai allontanato da noi e ancora una volta ha preso su di sé e ha condiviso il dolore e la sofferenza di ogni uomo (cf Is 53,4-7).
Si apre un nuovo anno e il Signore rinnova la sua fiducia in noi, ci ha lasciato la sua casa (cf Laudato si’ 232; 244) e ha dato a noi il potere di custodirla; ha affidato a ciascuno il suo compito, ha dato un senso alla vita di ognuno. Ci ha donato tutto il necessario per vivere, per continuare il cammino. Allora, vegliare è l’invito a vivere la propria vocazione, a gustare la vita fino in fondo, a far bene ciò dobbiamo fare. Vegliate! Per tre volte Gesù lo dice. Quando ripetiamo una cosa, lo facciamo perché la abbiamo a cuore: Gesù lo ripete perché ha a cuore ciascuno di noi (cf Is 43,4), non vuole che perdiamo l’occasione per accoglierlo (cf Mt 25,10-12).
Chi veglia è attento a sé stesso e agli altri, impara ad apprezzare le piccole cose, a leggere i segni della presenza di colui che viene in un gesto cordiale, in una parola gentile, nella dedizione di una mamma, nella fatica di un papà, nell’impegno di un amministratore per il bene comune, nel servizio di un volontario, nella premura dei figli per i genitori anziani, nella mano tesa di un amico, nel sorriso di uno sconosciuto che traspare da una fredda mascherina… Chi veglia accoglie il Signore che viene nell’ammalato, nel forestiero, nei più piccoli (cf Mt 25,31-46). Chi veglia e attende non si lascia sopraffare dallo scoraggiamento, sa che l’attesa finirà e vive già nella gioia dell’incontro, vive la “notte” nella certezza dell’arrivo del giorno.
Si sente dire che in diverse città non ci saranno le solite luci natalizie, allora, ancor più quest’anno, siano i cristiani ad illuminare con la luce della speranza e della carità, le case, i luoghi e le città dove vivono.
Maria, che ha saputo attendere e accogliere Gesù, ci accompagni in questo tempo e ci aiuti ad essere «lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).
don Alfonso Lettieri