Domenica scorsa Gesù ha inviato i discepoli in missione, a due a due, «Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano» (Mc 6,13). Oggi ritornano e si stringono attorno a Gesù ed è bello vederli raccontare «tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato». Immaginiamo la loro gioia, lo stupore davanti al bene che sono stati capaci di fare, la gratitudine per la fiducia loro accordata dal Signore. Ed è bello anche guardare Gesù che li ascolta, non perde una sola parola, li accoglie, si compiace di loro e, mentre li ascolta, si accorge anche della loro stanchezza e con paterna delicatezza li invita: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Quanta tenerezza in queste parole così umane: riposatevi un po’!
C’è un tempo per ogni cosa dice il Qoelet (cf 3,1ss), un tempo per agire e un tempo per riposare, per riflettere su ciò che è stato fatto, un tempo per raccontare. Rischiamo di farci prendere solo dalle cose da fare e perderci in esse. Come i discepoli è bene anche per noi ritornare da Gesù e raccontare a lui ciò che facciamo e viviamo, magari ogni sera nell’esame di coscienza che non è una semplice accusa dei peccati, ma rivedere la nostra vita alla luce della sua fiducia in noi, del suo amore, della sua misericordia, per far ruotare tutto attorno a lui per non perdere il senso di ciò che facciamo, per dare il giusto peso ad ogni cosa. Facendo così la nostra relazione con lui diventerà più salda, la gioia per il bene fatto non scadrà in un autocompiacimento, ma sarà piena di gratitudine, i limiti e i fallimenti non ci schiacceranno e non ci prenderà l’ansia per le cose che abbiamo ancora da fare. Allora sperimenteremo che veramente Gesù è il nostro pastore, riposeremo con lui «su pascoli erbosi», gusteremo la pace delle «acque tranquille», saremo guidati «per il giusto cammino» e anche se dobbiamo attraversare «una valle oscura», non temeremo alcun male perché lui è con noi.
Anche noi siamo chiamati ad essere accoglienti, ad ascoltare il racconto della vita dei nostri fratelli e sorelle, a non dare nulla per scontato. Cerchiamo di essere per chi è stanco “casa” accogliente dove si può trovare ristoro, riposo, dove nel confronto si può ritrovare il senso e il coraggio per andare avanti nella vita.
Maria, nostro rifugio, ci insegni ad avere la stessa compassione che Gesù ha per le folle e a saper donare ciò di cui ognuno ha bisogno.
don Alfonso Lettieri