Omelia del Vescovo – Solennità di San Cuono e Figlio

Solennità di San Cuono e Figlio

Cattedrale di Acerra – 29 maggio 2021

Omelia del Vescovo Antonio Di Donna

Siamo qui radunati per celebrare l’Eucaristia nella festa solenne dei nostri Santi patroni, i Santi Martiri Cuono e figlio.  Lo facciamo ancora una volta quest’anno – dopo il periodo crudele della pandemia, almeno nel suo centro – per riscoprire le motivazioni della festa, le nostre radici, quello che i nostri padri ci hanno tramandato e che dovremmo trasmettere alle nuove generazioni.

Saluto Autorità civili e militari, sacerdoti e diaconi, e tutti voi convenuti per questo motivo.

Le letture della parola di Dio che abbiamo ascoltato ci illuminano sul senso della festa, in particolare il Vangelo di Giovanni con una parola di Gesù umanamente assurda: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto; chi ama la propria vita la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna». Essa si riferisce soprattutto a quelli che perdono la vita in questo mondo: i martiri, testimoni della fede. Più passa il tempo, più la storia conferma questa parola di Gesù! Oggi ricordiamo due martiri che hanno perduto la vita: per il mondo sono irrilevanti, improduttivi, la loro vita è stolta, senza significato, li hanno uccisi! Eppure dopo quasi duemila anni ne celebriamo il trionfo, perché la loro vita, agli occhi del mondo “persa”, è invece degna, ha vinto: non sono sconfitti ma vincitori! E’ il paradosso continuo del cristianesimo, di cui il Vangelo è pieno.

E poi nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, abbiamo sentito che Paolo nei suoi lunghi itinerari del Mediterraneo – nell’attuale Turchia, l’Asia Minore – nei quali annuncia il Vangelo, tocca anche una città: «Paolo si recò nella città di Iconio». E proprio da Iconio, attuale konya in Turchia, viene il nostro San Cuono – Conone, poi Cuono: da questa città, evangelizzata dall’apostolo Paolo viene lui, il nostro patrono.

Vorrei far notare, a me e a voi, anzitutto l’assonanza dei nomi: Iconio, Conone, Cuono. Il nome del Santo l’assonanza è molto simile nel suono al nome della città. E questo legame tra i due nomi, la Città e il Santo, persiste nei secoli, fino a noi oggi: Acerra, Cuono e figlio. Un nome singolare: penso che sia capitato un po’ a tutti noi quando fuori di Acerra pronunciamo questo nome – “Quella persona si chiama Cuono” – altri rimangono un po’ meravigliati, non ne hanno mai sentito parlare. Eppure, questo nome è legato alla città, al punto tale che Cuono e Acerra si identificano, dire Acerra significa dire Cuono, e dire Cuono significa dire Acerra.

E’ dall’anno mille che il nostro Caporale fa riferimento alla presenza in Acerra di una Chiesa e di un Monastero dedicato ai Santi Martiri cono e figlio. Ed è intorno a questo nucleo, la Chiesa e il Monastero dedicati ai nostri Patroni, che si sarebbe sviluppata la città. Pure questo è significativo: il nucleo urbano, la futura città di Acerra, si sviluppa attorno a questi siti, la Chiesa e il Monastero dedicati ai santi martiri Cuono e figlio. Da allora i nostri padri hanno eletto San Cuono e figlio come loro patroni.

Chiedo a me e a voi: ha ancora un senso festeggiare i nostri patroni oggi, all’inizio del Terzo Millennio, in una civiltà telematica, così avanzata? Non ha il sapore di una cosa antica, ormai sorpassata? Ha ancora senso? E se ha un significato, quale è per noi oggi? E tutto questo avrà un futuro dopo di noi, oppure è destinato a finire, come purtroppo farebbe intendere, e mi auguro sinceramente il contrario, il fatto che ormai sono sempre meno gli acerrani che danno ai loro figli il nome di Cuono? A tal proposito saluto e faccio gli auguri a tutti quelli che portano questo nome: soprattutto i presenti, a partire dal nostro Vicario, il caro don Nello; ma anche il vicesindaco, e ai tanti cuori, vorrei nominarli uno per uno, che vengono dalle nostre comunità, alcuni qui stamattina. Ma permettete che dia il mio caloroso augurio, lo facciamo tutti insieme, a quei bambini che portano il nome di Cuono, i cui genitori sono stati coraggiosi. Alcuni di loro sono presenti e sono stati battezzati da me: qualche anno fa presi l’impegno, che mantengo attualmente, di battezzare personalmente i bambini che portano il nome di Cuono, per dare rilievo a questa scelta.

Si, ha ancora un significato celebrare la festa dei nostri patroni in questo inizio di Terzo Millennio, perché i santi Cuono e figlio sono legati strettamente alla città di Acerra: da sempre gli acerrani chiedono la loro intercessione per miracoli che non sono personali, non chiedono grazie legate alla loro persona ma chiedono l’intervento dei santi patroni per delle situazioni collettive, per i drammi della città, del territorio. E’ interessante notare che i nostri padri non li hanno invocati per grazie personali. Fin dall’inizio i nostri patroni vegliano sulla città per delle situazioni collettive, per i drammi della città, del territorio; fin dall’inizio i nostri patroni vegliano sulla città e sulla città nel suo insieme, e il loro patrocinio è stato sempre invocato per tenere la città al riparo dai flagelli e dalle calamità che lungo i secoli l’hanno colpita, pensiamo alle acque, alla peste, come anche noi abbiamo fatto l’anno scorso nel tempo più acerbo della pandemia, quando qui nella cattedrale chiusa abbiamo celebrato per diversi mesi, e alla fine di ogni celebrazione rivolgevamo insieme la preghiera ai nostri patroni, perché come avevano liberato i nostri padri da altri flagelli e calamità liberassero anche noi oggi dalla pandemia.

Perciò, la festa dei patroni è un momento privilegiato, bello, per guardare alla città a cui i santi Cuono e figlio hanno legato il loro patrocinio e riflettere sul suo presente e soprattutto sul suo futuro.

Una città non è un cumulo di pietre! Una città ha, o almeno dovrebbe avere, un’anima, un volto. Una città ha un suo essere misterioso e profondo, un suo destino: «Le città sono misteriose abitazioni di uomini e più ancora misteriose abitazioni di Dio», diceva il Grande Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni 50 del secolo scorso.

La nostra città ha ancora un’anima, un volto? Siamo noi un popolo o un semplice aggregato di individui che sono raccolti in un determinato territorio senza alcun legame tra loro? Se per disegnare una città, ci si limita ad approcci settoriali, come quello economico, urbanistico, dell’edilizia, non si va molto lontano, perché essi sono necessari ma insufficienti: ci vuole qualcos’altro per disegnare una città, per darle un volto, appunto ci vuole un’anima? Per passare dall’essere un semplice aggregato di individui a diventare un popolo un popolo, ci vuole un collante, qualcosa che unisca quegli individui che vivono in un particolare territorio: Papa Francesco nell’ultima enciclica Fratelli tutti lo chiama «amicizia sociale», senza la quale la città si trasforma in un «inferno collettivo», un «nido di vipere» avrebbe detto il grande scrittore cattolico francese del secolo scorso Francois Mauriac, di tutti contro tutti, del “si salvi chi può”.

Eppure proprio l’esperienza della pandemia che abbiamo vissuto, e che in parte stiamo ancora vivendo, ci ha insegnato, o almeno avrebbe dovuto insegnarci, che nessuno si salva da solo, che siamo tutti nella stessa barca, almeno se non nella stessa barca, siamo tutti in mezzo alla stessa tempesta. Se il noi non prevale sull’io, se non si affronta insieme un altro virus, più pericoloso del Covid, che l’indifferenza verso il bene comune non si va da nessuna parte.

«Senza idee comuni non c’è azione comune, e senza azione comune esistono si gli uomini, ma non esiste un corpo sociale». Sono parole del filosofo e politico francese Alexis de Tocqueville vissuto nella prima metà dell’800.

Perciò, mentre all’orizzonte, grazie a Dio e speriamo, intravediamo il tanto sospirato traguardo dell’uscita da questo tempo difficile, diventa evidente che – cari amici, lo dicono nel nome dei Santi patroni – non c’è più tempo da perdere: è giunto il momento di mettersi tutti insieme, qui, in questa nostra bella e amata Acerra, e sottoscrivere quello che voglio chiamare un vero e proprio “Patto per la Città”. Solo in questo modo renderemo giustizia al patrocinio dei nostri santi martiri Cuono e figlio; solo in questo modo noi potremo affermare che questo patrocinio è attuale, e non è una cosa sorpassata. Un “Patto per la Città”, anche perché da voci, da sensazioni, sembra che già sia cominciato il cammino verso certe scadenze dell’anno prossimo.

Allora un “Patto”, fondato su alcuni principi “cardine”, che al di la delle legittime e diverse posizioni e visioni, non si possono negoziare o strumentalizzare o farne un grimaldello contro l’avversario politico; anzi, al contrario, io chiedo, e auspico, che ci sia sempre un confronto, un dibattito pubblico, che non vuoi essere fatto sui post di Facebook, ma che non può più fare a meno del contributo di tutti, nessuno escluso.

L’anno scorso, proprio in questo giorno della festa dei santi patroni, io dicevo: «Invochiamo i nostri patroni sulla nostra città perché sia una città vivibile, bella, buona, una città a misura d’uomo in cui ognuno faccia la propria parte; tutti, dal piccolo al grande, da quelli che hanno maggiore responsabilità fino ai cittadini che ogni giorno compiono il proprio dovere nel nascondimento, solo così una città sarà degna di tale nome, non sarà un semplice agglomerato di individui, ma una città, cioè un popolo!

E quali sono questi principi “chiave”, intorno ai quali costruire un “Patto per la Città”.

Innanzitutto, è chiaro, il dramma ambientale! Come ho detto più volte, questo è uno scopo su cui tutti devono unirsi; tutti, i quattro soggetti, come più volte li ho indicati.  Anzitutto le Istituzioni, con leggi giuste e blindando il territorio tra Napoli e Caserta, non accettando più che su questo territorio vengano a installarsi aziende e impianti che trattino rifiuti tossici.  Ma il secondo soggetto è la comunità civile, i comitati, gli agricoltori, tutti quelli che si impegnano in questo senso. E terzo soggetto sono i cittadini, che devono essere una cittadinanza attiva, una cittadinanza ecologica, i cittadini devono riprendere il ruolo di sentinelle che vigilano su quanto succede sulla propria terra, controllano l’operato di chi governa stimolandone l’azione, sollecitando a tutti i livelli. E infine, la Chiesa, che sta facendo e farà la sua parte, ma sempre in collaborazione con gli altri soggetti.

Il secondo principio chiave, il secondo tema su cui costruire un “Patto per la Città”, credo sia questo, e mi sta particolarmente a cuore: Acerra, Città della Musica! E’ un’antica vocazione acerrana, e dobbiamo esserne fieri. E’ un argomento, lo so, venuto alla ribalta proprio in queste settimane, ma anche qui vorrei esortare tutta Città: le potenzialità, le eventuali criticità rispetto a questa vera e propria vocazione acerrana, una risorsa che sarebbe imperdonabile sciupare, non possono diventare le armi per una guerra di tutti dove a perdere saranno solo Acerra e gli acerrani. Si promuova un dibattito pubblico!

Anche su questo fronte, sia le Istituzioni che i cittadini, le scuole, si incontrino e si confrontino, e voglio rinnovare qui all’amministrazione comunale, nei tempi futuri, quando sarà: proprio l’anno scorso, in questo stesso giorno, rivolgevo l’auspicio di un auditorium per la città insieme a uno spazio pubblico per il confronto e il dialogo tra tutti i grandi temi della città.

Ma su questo punto voglio essere chiaro, sulla vocazione musicale di Acerra: anche genitori, i cittadini devono fare la propria parte. Nel dibattito di questi giorni sul Liceo musicale, nessuno o quasi, ha detto una cosa importante: gli alunni iscritti della città di Acerra, se sono veri i numeri che mi hanno fornito i responsabili, sono pochi! Se questo fosse vero, allora è inutile che ci mettiamo a fare dibattiti: dobbiamo trasmettere l’idea che coltivare e studiare la musica in una scuola apposita non è inferiore ad altre materie, che si crede, illudendosi, possano offrire possibilità di lavoro più remunerative. Recuperiamo la nostra storia, educhiamo i nostri ragazzi, diciamo che studiare musica è bello, e non chiude il futuro lavorativo.

Ma c’è ancora un altro punto cardine di questo eventuale “Patto”: l’Agricoltura, l’Agricoltura, l’Agricoltura!

Se vogliamo salvare la nostra città, la sua economia, la sua storia non c’è altra strada: rilanciamo sinceramente e concretamente la vocazione agricola di Acerra, già messa in crisi anche recentemente da programmi televisivi che gettano fango sul nostro territorio.

Lo facciano le Istituzioni proteggendo da ulteriori scempi le nostre campagne e investendo in un’agricoltura moderna, tecnologica, le tante risorse che sembra siano in arrivo per il dopo pandemia.

Ma anche gli agricoltori devono ritrovare l’unità, non essere divisi tra loro, e ritrovare la forza di tornare ad essere protagonisti veri e non comparse della vita politica e sociale della città: non si devono accontentare di progetti di corto respiro, o dei propri interessi o degli interessi di gruppi.

Anche qui però serve la partecipazione dei cittadini: cari acerrani tutti, recuperiamo ciò che siamo da sempre, non commettiamo ancora una volta l’errore dei nostri padri che hanno rincorso “lauti miraggi” e questo ha sconvolto il nostro sistema agricolo e sociale.

Anche qui la Chiesa farà la sua parte a sostegno e a fianco dei contadini.

Infine, insieme all’agricoltura penso anche al rilancio della archeologia nella nostra città: è un settore questo poco sviluppato ma che potrebbe offrire grandi potenzialità. Acerra città antica: già da quel poco che si è scavato si vede che nel nostro sottosuolo ci sono le tracce di civiltà antiche. Parla uno che viene dalla consuetudine di una città come Ercolano che ha i suoi scavi vicino: Pompei ed Ercolano. Acerra potrebbe aprirsi a questa nuova prospettiva!

A tutti voi, ai cittadini di Acerra io dico: Amate da questa città, amatela come parte di voi stessi, amatela come un patrimonio prezioso che avete ricevuto dai vostri padri e che siete tenuti a tramandare alle nuove generazioni; amatela questa città custoditene le piazze, le strade, le scuole, i giardini, le chiese; amatela, fate che la sua convivenza sia serena; amatela questa città, fate di essa lo strumento della vostra vita associata; sentitevi, attraverso di essa, membri di una stessa famiglia, un popolo, non vi siano tra voi divisioni essenziali che turbino la pace sociale; amatela questa città, custoditela, soprattutto i bambini, e in particolare i bambini ammalati per l’inquinamento ambientale, i bambini come la pupilla dei vostri occhi, come la più grande ricchezza della città. Sia Acerra una città a misura di bambini.

Che le vostre case, acerrani, ed è l’augurio che vi faccio dal profondo del cuore, non conoscano l’angoscia della disoccupazione e dell’indigenza, ma siano sempre case di operosi lavoratori che si guadagnano con il sudore della propria fronte.

Invoco la protezione dei nostri patroni su tutti quelli che lavorano ogni giorno per questa città: per il sindaco e l’Amministrazione comunale, dobbiamo pregare per quelli che ci governano, non dobbiamo solo criticarli; il Consiglio comunale, che pensino al bene comune pur nella legittima dialettica di maggioranza e opposizione.

Invoco la protezione dei Santi patroni su quelli che vigilano sulla nostra sicurezza, sui carabinieri, la polizia di stato, la polizia municipale; invoco la protezione dei Santi patroni sui dirigenti scolastici, i docenti, sui medici, sull’Azienda sanitaria, e le associazioni a difesa dell’ambiente: possono dare fastidio a qualcuno, ma molte cose noi le ha prendiamo solo attraverso il loro lavoro vigilante.

Invoco la protezione dei Santi patroni sui volontari, tanti, su quanti si prendono cura dei poveri e degli ammalati, sugli esercizi commerciali, sulle aziende del nostro territorio; invoco la protezione dei Santi patroni sugli operatori della comunicazione sociale, anche i giornali qualche volta possono essere fastidiosi ma hanno un ruolo importante ad Acerra!

E infine invoca la protezione dei Santi patroni, non ultimi, sui tanti cittadini onesti che nel silenzio ogni giorno costruiscono questa città: Shalom Acerra, Shalom, sia pace su di te, sia pace sulle tue mura, sia pace su quelli che abitano in te!

Shalom, buona festa a tutti, i nostri Santi patroni, i martiri Cuono e figlio ci proteggano tutti.