Quando ascoltiamo questa parabola, ci sentiamo un po’ tutti i tipi di terreno e rischiamo o di demoralizzarci o di esaltarci. Fissiamo la nostra attenzione sul seminatore e consideriamo ciò che dice Isaia: la parola ha una forza in sé e quando viene seminata non ritornerà senza effetto, «senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Il seminatore, dunque, che a prima vista può sembrare uno sprovveduto che spreca il seme buttandolo anche sulla strada, tra i sassi e tra le spine, invece conosce bene la potenza della parola, ha a cuore il bene di tutti e fa arrivare la parola in ogni luogo, in ogni cuore, da quello più indurito e complicato a quello più tenero e disponibile.
Gesù esce di casa e si mette su una barca a parlare in parabole; tanta folla va ad ascoltarlo, ma lui non ha mai selezionato i suoi ascoltatori, ha sempre parlato a tutti, ai poveri, ai peccatori, ai sapienti, ai dottori della legge. La sua parola è per tutti, a tutti può indicare il cammino, intenerire il cuore, spazzare via il male. Consideriamo, dunque, la magnanimità del seminatore, di Dio che «nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (DV 2).
Perciò Gesù percorre città e villaggi (cf Mt 9,35), manda i suoi apostoli in tutto il mondo (cf Mt 28,19), affinché la parola si diffonda (cf 2Ts 3,1) e possa toccare ogni cuore. Ciò che a noi sembra spreco, per Dio è misericordia, è amore di Padre per ogni figlio (cf Lc 15,11ss), del buon pastore che dona la vita per le sue pecore (cf Gv 10,11), del padrone che dà la stessa paga all’operaio della prima ora e a quello delle cinque del pomeriggio (cf Mt 20,9-16). Il Signore non ha una mente calcolatrice come la nostra: pensiamo che il seme, la parola, l’amore si esaurisca, che deve essere data a chi la merita, invece no, più annunciamo la parola, più amiamo, più perdoniamo più cresce e più c’è la possibilità di portare frutto. Questa parabola ci esorta ad entrare nella stessa logica di Gesù, quella dell’amore che non si ferma nemmeno davanti ad un cuore di pietra, ci chiama ad aver fiducia nella potenza della parola che ha fatto camminare gli storpi, ha ridato la vista ai ciechi, la vita ai morti.
«La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» – dice Paolo (Rm 10,17). E quante conversioni sono scaturite dall’ascolto di una sola Parola che ha toccato il cuore, a partire da quella di Pietro dopo la pesca miracolosa (cf Lc 5,1ss), a quella di Saulo sulla via di Damasco (cf At 9,1ss) e di tanti altri che nel corso dei secoli hanno ascoltato la parola.
Certo, la parola va accolta: non siate solo ascoltatori smemorati – ammonisce Giacomo (cf Gc 1,22-25) e bisogna curare l’ascolto, conoscere la parola, avere familiarità con essa (cf Verbum Domini 75) e non essere superficiali. Succede di ascoltare e dire: “che bella parola, che bella predica” e poi non la mettiamo in pratica (terreno sassoso); bisogna evitare di pensare che la parola debba essere ascoltata quando si sta tranquilli, senza preoccupazioni (seme tra i rovi) e credere che la parola possa illuminare ogni momento della nostra vita e non considerarla irrilevante, impotente (seme sulla strada). Prepariamo, invece, un cuore disposto ad ascoltare (cf 1Re 3,9), «la nostra vita sia quel “terreno buono” in cui il divino Seminatore possa seminare la Parola perché porti in noi frutti di santità, “il trenta, il sessanta, il cento per uno” (Mc 4,20)» (Verbum Domini 49).
Quante volte non sappiamo che dire a persone che vivono situazioni particolari; altre volte abbiamo la presunzione di risolvere tutto con le nostre parole e ci rendiamo conto della loro insufficienza. Affidiamoci alla Parola, lasciamoci illuminare, istruire, usiamola per consolare, sostenere, insegnare, correggere, guidare coloro che ricorrono a noi. Invochiamo lo Spirito Santo, Lui che l’ha ispirata, ci aiuti ad accoglierla, a viverla e donarla.
Come il seminatore, andiamo a spargere speranza dappertutto, a diffondere luce ovunque, crediamo contro ogni speranza che la parola non ritornerà a Dio senza aver portato frutto, anche se non sempre a noi è dato di vederlo. Infatti il seminatore uscì a seminare, dice Gesù, non a raccogliere; il frutto è per il bene del terreno dove cade il seme, del cuore dove arriva la Parola.
Oggi sono tante le parole che risuonano nelle nostre orecchie, spesso lasciano il vuoto, svaniscono con il suono (flatus vocis). Affidiamoci all’unica parola di vita eterna (cf Gv 6,68).
Maria, beata perché «ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45), apra il nostro cuore e lo renda docile alla Parola. Amen
don Alfonso Lettieri