La Croce: misura dell’amore

28 giugno 2020 – XIII domenica del TO – A

È bello iniziare una nuova settimana ascoltando la Parola e nutrendoci dell’Eucaristia. Veniamo qui portando nel cuore le cose belle vissute nei giorni scorsi, le difficoltà affrontate, le gioie, le preoccupazioni; davanti a noi ci sono nuovi giorni da vivere. Ci rivediamo, preghiamo insieme, chiediamo perdono, ringraziamo, chiediamo aiuto al Signore. E Lui ci accoglie: «Venite a me voi tutti… imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,28-29). Questa è la bellezza della domenica!

«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me». Se non fosse Gesù a dire queste parole, verrebbe spontanea una domanda: “ma chi si crede di essere?”. Infatti, tra gli affetti umani l’amore per il padre, per la madre e per i figli sono quelli che hanno il primo posto. Come può qualcuno pretendere di essere amato di più? Ma Gesù non vuole togliere il posto a nessuno, vuole che ciascuno stia bene al posto che gli spetta e che sia veramente amato. Deus caritas est, Dio è amore e solo se lo accogliamo nella nostra vita e prendiamo come metro/misura dell’amore la sua croce (cf Fil 2,8), possiamo veramente amare. L’egoismo è sempre in agguato e succede che non sempre l’amore per il padre e la madre sia del tutto disinteressato; non sempre si riesce ad amare i figli facendo realmente il loro bene. Gesù ci ha mostrato come si ama: donando tutto se stessi e non solo qualcosa che si ha, fino alla fine, senza pretendere nulla in cambio. Questo intende quando dice di prendere la croce e seguirlo. Quando pensiamo alla croce subito ci viene in mente la sofferenza, il sacrificio. Non ci chiede questo il Signore, non ci vuole sofferenti e sacrificati, ma pieni di vita, pronti a spenderla per il bene, a donarla perché solo chi dona la vita non la perde: solo ciò che doniamo non perdiamo. Con il Signore non si perde nulla! C’è un motivo per cui vivere per il quale vale pure la pena morire: Gesù ha speso la sua vita per donare a noi la salvezza (cf II lettura) e «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome» (Fil 2,9).

E non dobbiamo pensare a chissà quali grandi gesti eroici. Gesù parla di un gesto semplice, alla portata di tutti, dare un bicchiere di acqua, accogliere coloro che lui manda. Un bicchiere di acqua fresca, è il piccolo gesto che lui stesso, assetato, ha chiesto alla samaritana al pozzo (cf Gv 4,7); che prima della morte ha chiesto dalla croce (cf Gv 19,28). Quale ristoro possiamo dare nel gesto più semplice a chi ha sete, a chi chiede un po’ di considerazione, di vicinanza, di ascolto! Nella calura di un problema, di una situazione angosciante, la nostra accoglienza dona freschezza e diventa sostegno per affrontare il cammino. Ci sentiamo sempre piccoli davanti ai problemi, paralizzati, ma Gesù ci dona la chiave per sbloccarci: inizia dalla cosa più semplice, da quella che puoi fare subito, inizia a dare acqua fresca, inizia ad amare chi hai davanti e l’amore saprà aprire le strade che tu non immagini nemmeno pensare. Ciò che dona ristoro non è solo la soluzione del problema, ma l’amore che siamo riusciti a donare nonostante il problema. E l’amore rimane per sempre (cf 1Cor 13,8).

don Alfonso Lettieri