Oggi Giovanni ci riporta sulle rive del mare di Tiberìade, luogo familiare a Pietro e agli altri pescatori, luogo della prima chiamata per alcuni discepoli (cf Lc 5,1-11). Anche noi, come gli apostoli, dopo le celebrazioni della Pasqua siamo tornati alla vita quotidiana e il Signore proprio lì ci viene incontro. Il Risorto lo incontriamo nelle celebrazioni liturgiche e sulle “rive” della nostra vita feriale, là dove giorno dopo giorno viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Proprio qui e anche quando la fatica e ogni nostro sforzo sembra non portare frutto, quando il vuoto delle nostre “reti” pesa, egli viene incontro a ciascuno. Si fa presente come un mendicante che evidenzia sì il vuoto: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?», ma poi è lui a indicare come colmarlo e a donare ciò che chiede, a soddisfare la nostra fame. Ancora una volta è ribadita la buona notizia che di questo Signore ci possiamo fidare, seguendo la sua parola lo riconosciamo presente: «“Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”».
Non esitiamo a riconoscere il vuoto della nostra vita, presentiamolo al Signore, seguiamo la sua parola, permettiamo a lui di riempire le “reti” della nostra esistenza; le sue parole sono necessarie, sono luce per il nostro cammino (cf Sal 118,105). Quale vuoto presento oggi a Gesù? Lui cosa mi chiede di fare? Cosa faccio per vivere la sua parola?
Diverse volte il Papa ci ha detto che Dio ci precede, “Primerear – prende l’iniziativa”. Infatti, gli apostoli arrivati a riva con i frutti del loro lavoro, trovano già del «fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane». Mentre noi ci affanniamo, cerchiamo la soluzione ai nostri problemi, il Signore non se ne sta ozioso, passivamente in attesa, si dà da fare, lavora, fa la sua parte e con la sua parola ci dà indicazioni e sostegno per fare la nostra, per rendere fruttuoso il nostro lavoro.
L’amore del Signore per noi non si ferma mai, non si è fermato davanti alla morte, non si ferma davanti al nostro peccato, alle nostre infedeltà. Continuamente ci dona la possibilità di riprendere il cammino, di vivere in pienezza la nostra vocazione. Il dialogo con Pietro mostra tutta la fiducia di Dio in noi, il quale non ci tratta secondo i nostri peccati (cf Sal 102). Alle prime due domande di Gesù se lo ama (con un verbo che indica l’amore più alto, senza misura), Pietro risponde: “ti voglio bene” (con un verbo che non indica tutta quella perfezione d’amore). È bello ascoltare che la terza volta è Gesù stesso che usa lo stesso verbo di Pietro: «Mi vuoi bene?». È Dio che si abbassa per portarci alle sue altezze, che ci ama per permetterci di amare come Lui: per il Signore è prezioso ciò che ciascuno adesso gli può dare, fiducioso che il nostro amore possa essere sempre più grande.
Gesù viene incontro alla nostra debolezza, guarisce le nostre ferite, dà a tutti la possibilità di rialzarsi, di riprendere il cammino e la propria missione: «Pasci le mie pecore». Dio resta fedele alle sue promesse (cf Mt 16,13-19), nonostante le nostre infedeltà (cf Mt 26,69-74). Da questo momento in poi, Pietro non avrà più paura di nessuno, con coraggio annunzierà la risurrezione di Gesù (cf I lettura).
Rispondiamo anche noi alle domande di Gesù: mettiamo in gioco l’amore che abbiamo per lui, non lasciamoci scoraggiare se non è ancora perfetto, doniamolo tutto nel servizio che siamo chiamati a fare (genitore, prete, studente, insegnante, operaio…) sarà il Signore a portare a compimento l’opera che ha iniziato in noi e con noi.
don Alfonso Lettieri