Salì al cielo siede alla destra di Dio Padre! Ogni domenica professiamo questa fede, oggi la celebriamo. Per quaranta giorni dopo la risurrezione Gesù sta con i discepoli, «si mostrò a essi vivo, con molte prove, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio». Matteo annota che «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono». Eppure il Signore, nonostante i dubbi, affida ai discepoli la sua missione di annunciare il Vangelo, di essere suoi testimoni «fino ai confini della terra». Ha sempre conosciuto i suoi e sa che siamo deboli, ma la sua è una logica di misericordia, non è la logica del mondo. Infatti san Paolo dice: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1Cor 1,26-27). Ciò che interessa Gesù è l’amore che abbiamo per lui e nient’altro, è solo l’amore che ci fa stare sempre con lui e ci fa essere suoi testimoni: Mi ami? Pasci le mie pecorelle (cf Gv 21,15) – disse a Pietro che poco prima lo aveva rinnegato. È lui che, come sempre, provvede ad ogni cosa per i suoi discepoli: «riceverete la forza dello Spirito Santo».
Di solito quando si parte c’è sempre un po’ di tristezza, invece oggi la Chiesa ci invita ad esultare di gioia perché in Gesù asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto al Padre, «ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria» (Prefazio). Non va via, va a prepararci un posto (cf Gv 14,2-3), non ci lascia soli: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Siamo chiamati a camminare nel mondo con questa fiducia, ad elevare i nostri cuori, i nostri sguardi al cielo ma come meta da raggiungere senza trascurare la vita quotidiana. Anzi, «Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura (cf Eb 13,14), pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno» (LG 43). È nella vita quotidiana, con le sue gioie e i suoi affanni che il Signore è presente, le sue parole: “Io sono con voi”, prendono corpo – possiamo dire – nella nostra vicinanza, nel nostro amore per gli altri, nella nostra attenzione e tenerezza verso i più deboli, nel nostro modo di vivere il Vangelo. Ecco la testimonianza: azioni e, se servono, parole.
Oggi ricorre il quinto anniversario della Laudato si’, l’Enciclica sulla cura della casa comune. Ha detto il Papa nel videomessaggio per la settimana dedicata a questo documento: «Che tipo di mondo vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? (cfr. Laudato si’, 160). Rinnovo il mio appello urgente a rispondere alla crisi ecologica. “Il grido della terra e il grido dei poveri” non possono più aspettare. Prendiamoci cura del creato, dono del nostro buon Dio Creatore». Rispondiamo, ognuno per la sua parte, all’appello del Papa, all’appello del creato che soffre per l’inquinamento e che sta avendo conseguenze drammatiche, come stiamo tristemente sperimentando anche nelle nostre terre, sulla vita dell’uomo.
Si celebra oggi la 54a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Nel Messaggio il Papa invita a raccontare «la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano… Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita». Sì, noi cristiani siamo quelli della buona notizia, Gesù ci ha inviati a raccontare il Vangelo; prendiamo sempre più il gusto di diffondere cose belle, in un mondo dove le brutte notizie si diffondono in pochi istanti. Anche nei nostri discorsi, nei saluti, nella risposta alla semplice e profonda domanda: “come stai?” impariamo a rispondere partendo dalle cose buone e non dai nostri problemi, condividiamo prima di tutto il bene e il bello. Raccontiamoci, in questi giorni in cui ritorniamo ad incontrarci, non solo la pesantezza della quarantena, ma la bellezza della vita insieme in famiglia e tutto ciò che di buono abbiamo vissuto e visto. «Per opera dello Spirito Santo – dice il Papa – ogni storia, anche quella più dimenticata, anche quella che sembra scritta sulle righe più storte, può diventare ispirata, può rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo».
Non si tratta di mettersi in mostra o «farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori» (Papa Francesco). Raccontiamo innanzitutto a Dio la nostra storia, ciò che viviamo e portiamo nel cuore, perché raccontarla a Lui «non è mai inutile – dice il Papa: anche se la cronaca degli eventi rimane invariata, cambiano il senso e la prospettiva. Raccontarsi al Signore è entrare nel suo sguardo di amore compassionevole verso di noi e verso gli altri».
Affidiamoci a Maria che ha saputo custodire ogni cosa nel suo cuore e ha narrato con la sua vita le opere magnifiche di Dio.
don Alfonso Lettieri