Il frutto più maturo della Pasqua

Celebrata la veglia diocesana in Cattedrale. Il vescovo: "Lo Spirito è il nostro avvocato difensore"

«Chissà cosa sarebbe la Chiesa diffusa su tutta la terra, e la nostra particolare di Acerra, se prendesse coerentemente sul serio, con la porta aperta, l’invocazione “vieni santo spirito, prendi ospitalità nella nostra vita”». Se lo è chiesto il vescovo Antonio Di Donna la sera dell’otto giugno in Cattedrale. Perché «senza lo spirito e nello spirito tutto cambia». Ma siccome «non lo possediamo ancora, lo invochiamo continuamente con il verbo esortativo “vieni”», e la diocesi di Acerra si è ritrovata «cinquanta giorni dopo, in un’altra veglia, simmetrica, costruita in analogia», nella «Chiesa madre» per chiedere e ricevere «il dono più maturo della Pasqua, lo Spirito Santo».

Pentecoste infatti «porta a compimento» la festa più importante, il cuore della fede cristiana, il mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il «vivente per sempre con noi, capace ancora oggi, dopo 2000 anni, di attrarre le anime, suscitare i santi, i testimoni e i martiri». Infatti, contrariamente a come sempre è accaduto nella storia – ogni gruppo umano si sfalda senza più il suo punto di riferimento –, «il movimento di Gesù di Nazareth, dopo la sua morte infamante sulla croce, da pochi uomini pieni di paura chiusi in una casa, è diventato travolgente e inarrestabile» e noi siamo gli «ultimi anelli di una catena che continuerà fino alla fine» perché «siamo solo agli inizi di questa parola potente che è il Vangelo e che rinnova la faccia della terra».Chiarendo che «senza lo Spirito, la Chiesa è un’organizzazione umana morta prima di essere nata. Nello Spirito è la sposa di Cristo sempre giovane», monsignor Di Donna ha invocato lo Spirito per resistere alla dittatura del «pensiero unico», pregando in particolare per i «giovani cresimandi», alcuni presenti in Cattedrale, perché siano «cristiani rinnovati, forze fresche e nuove» per la missione della Chiesa nel mondo. E ricordando a tutti che «il divino dimenticato è vivo», il vescovo ha esortato tutti a prendere più «seriamente in considerazione le effusioni ordinarie e reali dello Spirito quando siamo battezzati nella Cresima e nella partecipazione all’Eucarestia». 

Il soffio dello spirito e le tradizioni diverse «E’ solo per motivi di pedagogia che noi celebriamo il dono dello Spirito a cinquanta giorni dalla Pasqua», perché «registra diverse tradizioni». Lo ha detto il vescovo durante la veglia di Pentecoste in Cattedrale.
Di Donna ha ricordato «il Vangelo secondo Giovanni, proclamato dal diacono: “la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, venne Gesù, stette in mezzo, soffiò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo’”». Dunque già «la sera di Pasqua Gesù effonde il suo spirito, lo dà agli apostoli».Ma c’è anche un’altra tradizione, secondo la quale «sulla Croce stessa Gesù ha donato lo Spirito, perché il Vangelo della Passione dice che Gesù rese lo Spirito», che «in greco non significa semplicemente “spirò”», bensì tradotto «alla lettera» vuol dire «donò lo spirito», come «primo frutto della sua croce».  
E poi ancora, «la tradizione di Luca negli Atti degli Apostoli, che parla di cinquanta giorni dopo la Pasqua».

  Il difensoreParaclito in greco è quella persona nel mondo dei tribunali, nel mondo giuridico, che era il difensore di ufficio, soprattutto dei poveri, di quelli che non potevano permettersi un avvocato per cui si chiamava uno di ufficio che assisteva l’accusato. Si, rimane con noi per sempre. Non più la presenza fisica di Gesù, non più i suoi occhi, la sua carne, la sua voce ma il suo spirito, e questo per sempre.  Antonio Pintauro