Firenze 2015. Terzo giorno/1

Mercoledì 11 novembre segna l’inizio del confronto, i veri e propri “lavori” del convegno. Dopo 10 anni, ancora una volta i rappresentanti delle Chiese che vivono in Italia si ritrovano insieme a pensare e trovare nuovi modi e forme per parlare al mondo di oggi di Gesù Cristo, unica e immutabile verità dell’uomo.
Ma prima di raccontare le “mature” e profonde discussioni tra vescovi, preti, religiosi e laici “mischiati” in tavoli da 10 in 30 stanze ognuna da 100 posti, bisogna fare un passo indietro e tornare alla sera di martedì: dopo la Messa allo stadio con Papà Francesco, i delegati si recano a Fortezza da Basso, struttura efficiente e bellissima a due passi dal centro di Firenze, per cominciare a lavorare sui temi e le prospettive del convegno, soprattutto sulle cinque vie per evangelizzare oggi – uscire, annunciate, abitare, educare, trasfigurare – che vengono introdotte rispettivamente da don Mauro Mergola, sacerdote salesiano di Torino; Vincenzo Morgante, giornalista e direttore della Testata giornalistica regionale della Rai; Valentina Soncini, docente di storia e filosofia; Alessandro D’Avenia, professore di liceo e scrittore; Jean Paul Hernandez, teologo gesuita.

Per il primo, la Chiesa in uscita è capace di stare con i giovani attraverso una relazione di accoglienza e fiducia, ovunque essi siano e qualsiasi cosa facciano. Vincenzo Morgante definisce il compito del giornalista come quello di colui che “di fronte a qualsiasi fatto” che è “chiamato a raccontare” assume lo stesso atteggiamento di “stupore” degli apostoli con la “Presenza” di Gesù; ma per farlo servono “silenzio” tra le mille “voci” e “grida”, che ci portano alla “confusione”, insieme a “motivazione e spirito evangelico”.

Soncini ha detto che “abitare” è la “via della quotidianità, proprio quella che mi appartiene”. Perciò, per abitare veramente il nostro mondo, bisogna “immergersi nella realtà con i suoi problemi”, ma anche con le sue “potenzialità di bene”; abitare, infine, è indicare uno stile di vita.

Non si educa se non si assume “la responsabilità di offrire risposte di senso”. Lo scrittore D’Avenia entra nei cuori dei delegati allo stesso modo in cui sa calamitare l’animo dei suoi studenti ma anche di tanti altri giovani che incontra per l’Italia, oltre che dei suoi tanti lettori. Per D’Avenia, “la via dell’educare dipende da quanto preghiamo” perché solo “Dio mi converte” e mi rende capace di farmi trasparente di uno “sguardo trasformante”.

Infine, il teologo gesuita Hernandez afferma che trasfigurare è avere la capacità di contemplare la bellezza dei volto fatta dagli sguardi d’amore che esso ha ricevuto, a partire dall’amore infinito e incondizionato di Dio per ogni uomo. E capire che i peccati si possono trasformare in maniglie attraverso le quali Dio ti afferra.

Ascoltare il ritmo della vita e coglierne la presenza di Dio è il primo passo per trasfigurare l’esistenza e dedicare del tempo quotidiano alla preghiera è già mettere ordine nella vita, ha concluso Hernandez.

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