Auguri di Curia

Tradizionale appuntamento con i direttori dei vari Uffici voluto dal vescovo Antonio Di Donna

Stamattina si è rinnovata la bella e ormai consolidata tradizione degli auguri di Curia introdotta dal vescovo Antonio Di Donna, il quale a Natale e Pasqua incontra direttori e collaboratori dei vari uffici di Curia per ricordare che «centro e fine del nostro lavoro è il Signore con il suo popolo».

E come di consueto, nel salone delle udienze dell’Episcopio, il vescovo ha consegnato ai presenti «brevi riflessioni» intorno ad alcune parole centrali quali «sinergie», «appartenenza» e «responsabilità».«Vi ringrazio ancora una volta per il vostro generoso lavoro generoso e spesso nascosto», ha esordito il presule per il quale è sempre più importante trovare «sinergie» e collaborazione, nonostante le inevitabili «difficoltà», per coltivare il senso di «appartenenza alla diocesi», non solo «interiore» ma anche esteriore, appartenenza resa più facile dal senso di «responsabilità» e dalla «maturità» di fede di ognuno. Perché, ha concluso il vescovo, mai dobbiamo dimenticare che «centro e fine ultimo del nostro lavoro, anche quello apparentemente più lontano dall’annuncio e dalla pastorale, è servizio al Signore e al suo popolo».Prima di monsignor Di Donna, don Michele Grosso ha rivolto gli auguri dei vari uffici al vescovo, parlando «a nome di tutti in questa settimana così importante per noi cristiani» e in qualità di responsabile diocesano dell’Ufficio per la pastorale della salute. Per cui ha richiamato l’importanza di sentirsi «”fragili” nelle mani di Dio» per scoprire «il significato profondo della vita e la bellezza che Lui lascia trasparire dai nostri volti», e diventare così «vie di consolazione per i tanti nostri fratelli di questo tempo smarrito», perché «la fragilità», ha detto il sacerdote,  «è una sfida» dei nostri giorni ma anche il «terreno fertile» sul quale piantare i semi di una «fede autentica, credibile e intelligente». «Il Bambino fragile» di Natale diventa in questa settimana «il Cristo Crocifisso», ha detto ancora don Michele, e «la luce sfolgorante della sua Resurrezione» illuminerà «la notte di Pasqua» facendo risplendere i «colori» di questo nostro mondo bello nonostante la sofferenza, quei colori che «devono splendere anche tra noi» e che simbolicamente illuminano i personaggi di una particolare raffigurazione dell’Ultima Cena che gli uffici hanno donato al vescovo chiedendogli di «vederci rappresentati negli apostoli» come «amici e vostri collaboratori».