La diocesi di Acerra celebra il patrono Sant’Alfonso

Un convegno e la Messa solenne in "Sant'Andrea Apostolo" ad Arienzo

La sera di lunedì primo agosto, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la solennità di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori – vescovo, dottore della Chiesa e grande testimone del Vangelo – i fedeli della diocesi di Acerra si sono raccolti presso l’Arcipretura di Sant’Andrea Apostolo per ricordare e festeggiare il proprio patrono nell’Anno del Giubileo straordinario della Misericordia.

  Arienzo è città nella quale più volte Sant’Alfonso ha vissuto nella seconda metà del ‘700 durante il periodo in cui era vescovo di Sant’Agata de’ Goti. E ancora una volta il vescovo Antonio Di Donna ha voluto quest’anno una Messa solenne per tutta la diocesi nella Chiesa di Sant’Andrea, legata all’Episcopio in cui il santo soggiornava quando risiedeva in Valle di Suessola. Lo stesso Di Donna ha ribadito l’intenzione di trasformare l’Episcopio in un «polo museale» su Sant’Alfonso per promuovere e «far conoscere meglio» la vita e le opere del santo.     Ad aprire la serata i celebri canti alfonsiani della tradizione popolare tra i quali “Tu scendi dalle stelle” e “Quanno nascette Ninno”.   Prima della Messa, presieduta dal vescovo Antonio Di Donna e concelebrata da quasi tutti i sacerdoti della diocesi, la professoressa Mena Sacco, docente presso l’Accademia Alfonsiana di Roma, ha elencato i «tre motivi di gioia» della sua relazione «nella casa» del santo: «Papa Francesco, l’Anno della Misericordia e Sant’Alfonso», appunto.   «In Papa Francesco – ha detto Sacco – ritroviamo molto delle parole, dei gesti, delle scelte e dei suggerimenti di Sant’Alfonso» e «ciò si spiega in due modi: o Papa Francesco ha letto e fatto suo tutto ciò che ha scritto Sant’Alfonso oppure in realtà parlano entrambi la stessa lingua, la lingua dello Spirito Santo, e incarnano lo stesso Vangelo».   «La Misericordia è la carta d’identità del nostro Dio» ha detto ancora la studiosa citando Papa Francesco, è cioè «l’atteggiamento con cui Egli ci viene incontro, con abbondanza di grazie e di doni»; l’uomo, dal suo canto, deve «accogliere la Misericordia lasciandosi riconciliare con Dio e rimettendosi sul giusto cammino».   Sant’Alfonso è un gigante della santità, ha più volte ripetuto in questi anni il nostro vescovo Antonio, perché è «in grado di rendere alla portata dei fedeli complicatissimi concetti teologici attraverso l’arte, la musica e la poesia», ha chiarito la professoressa Sacco, che ha poggiato «la via indicata dal santo per tenersi sul giusto cammino» su «quattro pilastri fondamentali: la preghiera, la devozione alla Madonna, l’Eucarestia e la Confessione», a proposito della quale la docente ha spiegato la sua importanza nella concezione dottrinale di Sant’Alfonso, non a caso patrono dei confessori, concludendo con un duplice appello all’accoglienza e alla misericordia: ai confessori verso i penitenti e ai laici verso gli stessi confessori, comprendendone talvolta le difficoltà, la stanchezza e i limiti umani.   Nel corso dell’omelia, il vescovo ha sottolineato che la missione di Sant’Alfonso si concentrò sull’annuncio del Vangelo agli abbandonati, ai poveri e agli esclusi  – i cosiddetti «cafoni» del suo tempo – e che questa fu la principale regola anche della Congregazione del Santissimo Redentore da lui fondata. Il vescovo ha poi invitato tutti ad «imitare l’ardore apostolico e la passione per il Vangelo di questo Santo vissuto nel Settecento» ribadendo che «non vi è epoca in cui lo Spirito non susciti nuovi modelli di annuncio del Vangelo».   «Recuperiamo il canto e il sorriso per vivere una buona vita cristiana secondo il cuore di Dio» ha esortato infine il presule ricordando l’amore per il «canto» e l’«umorismo» di sant’Alfonso come «dimensioni» dell’«essere felici».   Al termine della Messa è stato possibile per i fedeli visitare la Cappella restaurata nell’adiacente Episcopio.