“La Chiesa non può tacere. E il Nord non dica: è un problema vostro”

«La questione ambientale è un nuovo capitolo della dottrina sociale della chiesa», e i morti per inquinamento, soprattutto bambini, ragazzi e giovani, sono «vittime innocenti della mafia». Al nostro vescovo di Acerra Antonio il premio don Diana. L'intervista di "Avvenire"

«La questione ambientale è un nuovo capitolo della dottrina sociale della chiesa», e i morti per inquinamento, soprattutto bambini, ragazzi e giovani, sono «vittime innocenti della mafia». Lo ha detto il vescovo di Acerra Antonio Di Donna ricevendo ieri a Casal di Principe, in provincia di Caserta il Premio nazionale don Diana. Presenti il vescovo di Aversa Angelo Spinillo, il sacerdote don Maurizio Patriciello, il ministro dell’ambiente Sergio Costa, e il vicepremier e ministro del lavoro, Luigi Di Maio.

Per il 2018 il “Premio nazionale don Diana – Per amore del mio popolo” è conferito a monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, «perché si è sempre battuto per un’operazione verità sul dramma ambientale, chiedendo in tutte le sedi l’inizio delle bonifiche superando gli ostacoli burocratici che hanno bloccato per oltre venti anni il risanamento dell’ambiente ammalato». Istituito dal Comitato don Diana, Libera Caserta, e dalla famiglia del sacerdote ucciso a Casal di Principe il 19 marzo del 1994, il premio giunge nel 2018 alla settima edizione. Il vescovo di Acerra è considerato meritevole del riconoscimento perché «si è adoperato per una attenzione reale sul problema inquinamento, preservando agricoltura ed economia sana», e soprattutto per il suo impegno in difesa della «salute di bambini, donne e uomini» fino a «parlare di vittime innocenti dell’inquinamento ambientale in analogia alle vittime innocenti di mafia».Il premio va infatti a quelle personalità che hanno saputo meglio incarnare – nel campo artistico, sociale, religioso, politico, economico e delle professioni – il messaggio di don Giuseppe Diana, contribuendo alla denuncia e alla costruzione di comunità libere alternative alle mafie. L’assegnazione avviene ogni anno il 21 marzo, primo giorno di primavera; la consegna invece il 4 luglio nell’ambito del don Diana day, giorno in cui il sacerdote ucciso avrebbe festeggiato il suo compleanno, a “casa don Diana”, un bene confiscato alla camorra nel territorio di Casal di Principe che oggi accoglie il museo diffuso della resistenza alla camorra. 

Di seguito l’intervista apparsa oggi sul Quotidiano “Avvenire”

  L’intervista 

«La Chiesa non può tacere E il Nord non dica: è un problema vostro» 

DAL NOSTRO INVIATO A CASAL DI PRINCIPE (CASERTA) 

«Prendendo questo premio mi permetto di lanciare un appello, partendo dalla nostra questione locale, alle genti del Nord: ‘Riconoscete che anche voi avete lo stesso nostro problema, non lo occultate per paura di un crollo economico come è successo da noi’». Così monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, uno dei luoghi simbolo della Terra dei fuochi, accoglie il premio Don Peppe Diana assegnato «perché si è sempre battuto per un’operazione verità sul dramma ambientale». Che per il vescovo non è solo in Campania. «Si deve combattere contro la mentalità che sia un fatto locale, sia un fatto nostro, la Terra dei fuochi. Ed è un rischio che corre anche l’ultimo decreto denominato appunto ‘decreto Terra dei fuochi’. La Terra dei fuochi non è un luogo, ma un fenomeno. Dobbiamo fare un salto di qualità perchè diventi davvero una questione nazionale. Quelli del Nord non possono dire ‘questo è un problema vostro’. E quindi lasciano fare al ministro un decreto solo sulla Campania. Questo sarebbe un gravissimo errore».

Monsignor Di Donna torna poi a rivolgersi «ai nostri fratelli del Nord, soprattutto di una certa parte politica. Ricordo che esistono Brescia, Casale Monferrato, Marghera, il problema dell’acqua nel Veneto. Ogni giorno Avvenire ci informa delle varie Terre dei fuochi». Quale è il messaggio che parte da Acerra?Acerra e il territorio della Terra dei fuochi diventano un caso di scuola a livello nazionale, è il servizio che noi rendiamo al Paese. Però dall’altra parte devono accogliere la nostra mano tesa e la questione ambientale deve diventare realmente un’alternativa anche politica come questione primaria che va affrontata insieme. Parafrasando il titolo di un documento dei vescovi sulla Chiesa nel Sud ‘non se ne esce se non insieme’. Che significato ha il premio che le è stato assegnato?È un riconoscimento alla Chiesa, non alla persona. Soprattutto alla Chiesa campana che in questi ultimi anni ha messo la salvaguardia del Creato al primo posto. Ed è un piccolo frutto della profezia della Laudato Si’. La Chiesa che si occupa di ambiente. Qualcuno dirà ‘cosa c’entra’?L’Enciclica di papa Francesco lo spiega abbondantemente nei fondamenti biblici e teologici. Parte dalla sofferenza del popolo. Io infatti mi sento un pastore convertito alla questione ambientale proprio dalla sofferenza della sua gente. Poi c’è lo sguardo ad un’ecologia integrale perché la questione ambientale si connette con quella del lavoro, con quella dei poveri come dice il Papa. Qui da noi lo avvertiamo fortemente. È un aspetto della giustizia e della carità. In questo momento qual è la situazione nei vostri territori?Sicuramente è calata l’attenzione. Nei mesi scorsi abbiamo sentito dire che è una grande bufala, che non sono veri i dati dei malati e dei morti. C’è poi un forte senso di rassegnazione tra la gente e quindi la Chiesa deve dare speranza. Lei nei giorni scorsi ha lanciato un allarme: «Acerra non vuole essere la pattumiera della Campania».Tutto sta avvenendo nel rispetto delle leggi perché la Regione ha dato l’autorizzazione a una serie di aziende che trattano rifiuti speciali. E lo ha fatto dicendo che non può fare diversamente perchè hanno tutte le caratteristiche e i requisiti. Ma perché questa concentrazione solo ad Acerra, in un territorio già gravemente segnato dall’inquinamento? Perché non si fa una sorta di moratoria o almeno una più equa distribuzione di queste aziende? Altrimenti rimane il sospetto atroce, che diventa sempre più una certezza, che si voglia fare del nostro territorio solo un luogo per ospitare rifiuti. Se ne vanno i gioielli dell’industria agroalimentare e dobbiamo accogliere solo aziende di rifiuti inquinanti. Questo non è più sopportabile. Non possiamo più accogliere altro. Il governo faccia un biomonitoraggio sulla nostra gente e veda come stanno le cose. E si consideri il nostro territorio chiuso. Stop. Oggi è il sessantesimo compleanno di don Peppe Diana che scrisse ‘in nome del mio popolo non tacerò’. Lo fa anche il vescovo di Acerra?Non solo. A non tacere è tutta la Chiesa.

Monsignor Di Donna, vescovo di Acerra, ha vinto il premio Don Peppe Diana.«Occorre avviare un biomonitoraggio sulla salute della nostra gente» Antonio Maria Mira“Avvenire” 5 luglio 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA