La Chiesa di Acerra chiude l’Anno della vita consacrata

Per il vescovo Antonio Di Donna i religiosi rappresentano una «riserva di futuro e di speranza per il nostro territorio diocesano»

Anche ad Acerra si è chiuso solennemente l’Anno dedicato alla vita consacrata. Martedì 2 febbraio, la Chiesa diocesana si è raccolta in Cattedrale per celebrare la Festa della Presentazione di Gesù al tempio. Intorno al vescovo, Antonio Di Donna, c’erano il vicario generale, Cuono Crimaldi, alcuni parroci, tanti fedeli, insieme ai religiosi e alle religiose, che dal 1997 celebrano in questo giorno la loro festa per volontà del Papa San Giovanni Paolo II.

Prima della Messa, dopo la tradizionale benedizione delle candele – segno di «Cristo, luce dei popoli», ha detto il vescovo – dal chiostro del Seminario vescovile è partita la processione che ha dato inizio al Giubileo diocesano della vita consacrata.

A 40 giorni dal Natale, ha detto Di Donna durante l’omelia, continuiamo ad approfondire il mistero dell’Incarnazione di Gesù, mediante il quale Dio si è fatto «uno di noi». Il Signore, infatti, «non ha scelto una corsia preferenziale», bensì come uno qualunque si è «sottomesso alla legge del popolo».

Ma il 2 febbraio è anche la festa dell’«incontro tra Dio e l’uomo», del «popolo che va incontro al suo Signore», perché la fede, ha quasi ammonito il presule, è incontro dell’uomo con la persona di Gesù Cristo, Dio vivo e vero, e «tutte le nostre azioni, fatiche e attività pastorali» hanno senso se «preparano e portano a questo incontro».

Di Donna ha poi elencato i motivi della Giornata per la vita consacrata, istituita da Giovanni Paolo II nel 1997: «Ringraziare Dio» per «tanti fratelli e sorelle che si donano a Lui senza riserve»; «promuovere la stima dei fedeli» verso la vita consacrata; invitare i religiosi a «celebrare le meraviglie» che il Signore ha operato in loro.

Quest’anno poi la giornata ha assunto una particolare solennità, coincidendo con il Giubileo della misericordia, a pochi mesi dall’inizio dell’Anno santo voluto da Papa Francesco, e con la chiusura dell’Anno della vita consacrata indetto dallo stesso Papa. 

Anche per questo, il vescovo ha sottolineato l’importanza di riunirsi tutti – sacerdoti, religiosi, fedeli laici – intorno al vescovo per ringraziare Dio, il quale «suscita nel popolo uomini e donne che consacrano la propria esistenza totalmente al Signore», perché «la vita consacrata è un dono per tutta la Chiesa», ha chiarito il presule.

Rivolgendosi poi alle 10 comunità presenti nella nostra diocesi (tre maschili e 7 femminili), il vescovo di Acerra ha esortato i religiosi a lodare il Signore nonostante la crisi di vocazioni. Voi siete preziosi, non per il numero, ha detto il presule, ma per quello che «siete e testimoniate nel territorio» della nostra Chiesa particolare, e cioè che «Dio viene prima di tutto» e che «solo Lui è necessario»; in secondo luogo, a proposito della «stima di tutto il popolo di Dio verso la vita consacrata», il vescovo ha posto una domanda provocatoria: «Quale stima abbiamo verso di loro? Ce ne serviamo o ce ne curiamo con premura?», ha chiesto Di Donna all’intera assemblea; infine, ha invitato i religiosi a «celebrare le meraviglie che il Signore  opera in loro» contro la tentazione della «stanchezza» e delle «lamentele». «Siate gioiosi al di la dei problemi», ha esortato il presule, testimoni di una vita «radicata solo in Cristo».

Di Donna ha concluso l’omelia invitando i religiosi a non smettere di essere «profezia» tra gli uomini del nostro tempo, a partire da «povertà, castità e obbedienza».

La vostra povertà, ha detto, è segno di contraddizione per un mondo sempre più chiuso nell’«effimero» e piegato sul «superficiale», e il solo vostro esserci, prima ancora del vostro fare, possa trasformarsi in «riserva di futuro» per un tempo che rischia di perdere la speranza. E invece, i religiosi ci dicono che «c’è qualcosa che vale di più del denaro».

E poi, la castità, per dire al mondo di oggi che l’amore umano può trovare forza e autenticità solo se fondato su quello «più grande di Dio».

E infine, l’obbedienza, perché «c’è qualcosa di più della propria volontà e dei propri capricci».

Ma Di Donna ha chiesto ai religiosi anche la profezia della «fraternità», consapevoli che «noi non ci scegliamo i nostri fratelli e sorelle», e che «nessuno nella Chiesa si sceglie». Per poi finire con alcune domande provocatorie sulla crisi delle vocazioni alla vita consacrata, e un invito: «Siate come i vecchi Simeone e Anna, non ripiegati su se stessi», ma sempre «in attesa del futuro», non «lamentosi» ma pronti a destarsi di fronte alle promesse e meraviglie di Dio.