Guarire da un cuore freddo

Monsignor Antonio Di Donna: «Un tempo propizio per riscoprire la fede del battesimo»

«La Quaresima è tempo propizio per guarire da un amore raffreddato, che non è più quello di una volta»; un «cuore freddo» è infatti «il pericolo da cui stare in guardia» in «questo cammino di 40 giorni fino a Pasqua».
Monsignor Antonio Di Donna cita il Libro dell’Apocalisse: «Hai perso l’amore di un tempo», e prende a prestito da Papa Francesco l’immagine del «diavolo su un trono di ghiaccio» per andare spedito al cuore del problema: «Chiesa di Acerra, dov’è la fede del tuo battesimo? Vescovo, dov’è la fede del tuo battesimo? Preti, fedeli laici e laiche, dov’è la fede del vostro battesimo?».

Il vescovo celebra la Messa del Mercoledì delle Ceneri, inizio del cammino quaresimale di quaranta giorni in preparazione alla Pasqua, il 14 febbraio nella Cattedrale di Acerra. Per monsignor Di Donna la Quaresima – in antichità «ultima tappa del cammino dei catecumeni» verso la grande Veglia di Pasqua durante la quale avrebbero ricevuto il battesimo – è ancora oggi un momento favorevole per rimotivare la nostra fede ormai «stanca e abitudinaria». Insomma, «un tempo per riscoprire il battesimo ricevuto da bambini». Ritornare a Dio. La fede «tiepida» è un pericolo per tutti, «dall’ultimo fedele ai vescovi e ai sacerdoti», fino a «quelli che hanno un ruolo nella Chiesa», la quale perciò, ogni anno «nella sua pedagogia», ci offre questo tempo per «recuperare» la fede vera che «inquieta e mette in crisi» ma dona anche «entusiasmo e mette i brividi», e che non è semplicemente «osservare riti e rispettare norme» ma innanzitutto «innamoramento del Signore Gesù Cristo, della sua persona e della sua parola». Una fede da «trasmettere ai giovani e ai ragazzi del catechismo». Per il vescovo dobbiamo «ritornare» al Vangelo e a mettere Dio al «primo posto» – è «l’immagine struggente della prima lettura» della messa delle Ceneri – perché «Lui è il più importante», e «da Lui dipendono tutte le cose della vita». Così ritroveremo «la fede di un tempo», innamorandoci «di nuovo» del Signore Gesù.  Adesso. E’ l’immagine di Paolo nella seconda lettura con la quale nel giorno delle Ceneri monsignor Di Donna esorta a «non rimandare» la scelta del «primato di Dio», perché questo è «il momento favorevole», domani «potrebbe essere tardi per la mia salvezza eterna». Del resto «l’austero simbolo delle ceneri sul nostro capo» ci invita alla conversione e a credere nel Vangelo, ma ci ricorda anche «che sei polvere e in polvere tornerai». Citando Papa Francesco («Dio ti guarda, ti sta guardando; pensa che morirai e tu non sai quando»), e l’antico ammonimento nei luoghi di preghiera dei monaci («Ricordati che devi morire»), il vescovo esorta ad assumere «la prospettiva dell’ultimo giorno», affinché «scelte e comportamenti quotidiani» siano ispirati a «ciò che veramente conta», all’«essenziale» che «non passa».        Le armi del combattimento. Chi possiede «una visione dolciastra e romantica» della vita cristiana è «fuori strada», perché essa è «combattimento e lotta» incessante «contro lo spirito del male». Monsignor Di Donna indica senza giri di parole le «tre armi potenti per combattere lo spirito del male», armi che «assicurano la vittoria finale» e che «il Vangelo ci offre come mezzi per questo cammino fino a Pasqua». La preghiera, il digiuno e l’elemosina. Ma prima di parlarne, monsignor Di Donna Acerra mette in guardia da un altro rischio: praticarle da «ipocrita». Per il presule, quegli «atteggiamenti teatrali» in cerca di «applauso e approvazione» – ormai «legge universale su cui si regge la società attuale dell’apparire e dello spettacolo», tanto che «l’audience diventa il metro per valutare se una cosa è vera e giusta» –  nascondono per i cristiani il pericolo di una «fede spettacolare», senza convinzione e interiorità; pericolo accentuato dalla «nostra cultura popolare», che rischia di trasformare «anche da noi certe celebrazioni in “liturgie spettacolo” per farsi vedere dagli uomini». Ma «Dio vuole il cuore», e «davanti a Lui, a differenza degli uomini, non posso fingere, perché Lui conosce il cuore dell’uomo», e «con Lui non vale» fare l’«attore» o il «gioco» «commediante». Perciò «deponi la maschera» e decidi se «vuoi essere visto dagli uomini o da Colui che vede nel segreto», ammonisce il vescovo, chiarendo che se ci tieni «a fare bella figura con la gente», piuttosto che piacere «al Padre che vede nel segreto», allora «l’applauso sarà la tua ricompensa». E dunque l’invito a pregare «dentro» la stanza; a fare elemosina «senza che la sinistra sappia ciò che fa la tua destra»; e a digiunare «senza farlo vedere», con tono «gioioso».  Il digiuno e le nostre dipendenze. Il digiuno è l’arma «per rompere le nostre dipendenze», non solo «estreme» come droga e alcol, ma «ogni dipendenza che a tutte le età imprigiona il nostro spirito e impedisce di affermare la nostra libertà», tra cui quella «dal bisogno di apparire e ricevere riconoscimenti pubblici», quella dal «denaro, ottimo servitore ma pessimo padrone», e dal «sesso usa e getta». Perciò l’invito del vescovo al «silenzio come atto penitenziale per scoprire le proprie dipendenze», e a praticare il digiuno come «esercizio per dominarle», rivendicando la propria «libertà» da vero «figlio di Dio, creato a sua immagine e somiglianza». Monsignor Di Donna richiama le «nuove e più terribili forme di schiavitù dentro cui la società e il potere del nostro tempo imprigionano» le persone, obbligandole di fatto a un «lavoro malpagato, senza garanzie e retribuzioni», e a «lavorare di domenica» nei grandi centri commerciali: sono «i nuovi schiavi, legati non più da catene ai piedi ma “invisibili”. Il Vangelo è attualissimo, non mettiamolo in soffitta», dice ancora il vescovo esortando a praticare quei «digiuni più difficili che ci chiede il Signore». I nostri progetti in fumo. L’austero simbolo delle Ceneri richiama i nostri tanti «progetti andati in fumo per il peccato e le scelte sbagliate». E per il vescovo di Acerra «è sempre stupefacente parlare di ceneri sul nostro capo nella città dove si trova l’unico inceneritore della Campania». Con una «grande differenza: l’inceneritore brucia i rifiuti, Dio ricicla», perché «dalle ceneri sul capo può far nascere una vita nuova» e dalle scelte sbagliate «crea sempre vita». «La Pasqua è perciò l’uomo nuovo creato da Dio dalle ceneri del peccato». La domenica e le catechesi. «Viviamo questi 40 giorni come un tempo particolare, una piccola parte dell’anno di esercizi spirituali», un tempo fatto di «maggiore preghiera e apertura alla parola di Dio», esorta ancora monsignor Di Donna con due consegne: «Vivere bene la domenica e vivere bene le catechesi», e un ultimo appello: «Leggete ogni giorno il Vangelo», per vivere bene «questo cammino che parte dalla testa (le Ceneri sul capo) e finisce con i piedi (la Lavanda dei piedi, il gesto del servizio durante la Messa in Coena Domini che apre il Triduo Pasuale)».