Alla vigilia del Conclave

Tra significato storico ed ecclesiale

L’approccio delle cronache e dei commenti che in questi giorni affollano le pagine dei giornali e i mass-media ha due limiti dettati dalla “società dell’informazione”: la visione secolarizzata della vita ecclesiale e una ristretta lettura storiografica.

Elemento essenziale della Chiesa è la sua doppia natura, umana e spirituale, che le deriva dal suo fondatore (Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio) e dalla costante partecipazione dello Spirito Santo alla sua attività. Pur volendo concedere alla cultura laicista che ciò è quanto predica di sé stessa la comunità dei credenti, bisogna convenire che tale definizione è inevitabile nella interpretazione degli atti e dei momenti di vita ecclesiale cristiana; se, infatti, non si rispetta la particolarità dell’oggetto di cui si tratta ma si pretende di attribuire ad essa caratteri che non le sono propri, si finisce per non capire e per falsare la realtà. Sarebbe opportuno, quindi, tener presente quanto affermato dalle quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II ed in particolare nella Lumen gentium. Come nell’attività legislativa e nell’azione di governo degli Stati ci si uniforma ai dettati delle rispettive Carte Costituzionali, così nella Chiesa ogni espressione della vita ecclesiale (conclavi compresi) deve tener conto dei principi fissati da quelle costituzioni conciliari. Ma solo per questo aspetto logico-giuridico, la Chiesa può essere assimilata alle istituzioni statali; la sua attività solo in parte segue la logica politica propria della società umana; essa nasce e continua ad essere “comunità di credenti”, affidata a Pietro ed agli Apostoli. Essa, operando nel tempo degli uomini, ha avuto necessità di darsi una struttura istituzionale che ha mutuato dalla cultura e dalle formule organizzative proprie dei vari momenti della storia. Nel trattare la vita ecclesiale, quindi, diventa parziale e per alcuni versi fuorviante l’adozione dei soli parametri umani. Così, nello specifico del momento che in questi giorni la Chiesa vive a seguito della morte del papa Francesco, non si attende la nomina di un monarca o di un capo di Stato anzi esso è da considerare solo in parte un lasso di tempo straordinario; la Sede Vacante, infatti, non è una fase di discontinuità nella vita ecclesiale ma, anzi, una esaltazione della natura comunitaria del legame che in origine intercorreva tra Pietro e gli altri Apostoli ed ora tra il Papa e coloro che tra i successori degli Apostoli (i Vescovi) sono stati chiamati a collaborare con lui (il Collegio dei Cardinali). Del resto proprio Francesco ha insistito sulla sinodalità tanto nella vita della Chiesa quanto nell’attività di Curia. Solo per via analogica, quindi, sono utilizzabili categorie proprie delle istituzioni statali (democrazia, potere, progressismo/conservatorismo).

È vero, comunque, che il Conclave rimarca un momento particolarmente delicato e che non rare volte, relativamente ad un periodo storico limitato, ha avuto un seguito non proprio rispondente alla missione della Chiesa; lo stesso nome, del resto, evoca situazioni di tensione, di scontro. Come è noto, il termine (cum clave) deriva dalla protesta attuata a Viterbo nel 1270 per costringere i cardinali a eleggere il nuovo Papa. Dopo un anno e mezzo di attesa, i cardinali furono rinchiusi nella sede che li ospitava e tenuti a pane e acqua. Ma ciò non bastò perché passò un altro anno e mezzo per arrivare alla elezione di Gregorio X che, comunque, istituzionalizzò il conclave e le norme coercitive, anche in campo alimentare, più volte modificate nel tempo. Al suo interno, la Chiesa militante non è immune da diversità culturali e da visioni anche contrastanti circa le modalità di svolgimento della funzione evangelizzatrice e di testimonianza della divina misericordia; già gli Atti degli Apostoli riportano un’accesa discussione nel Concilio di Gerusalemme. Nello specifico della elezione del Papa bisogna tener conto che questa figura assomma la funzione di vescovo e di successore di Pietro. In quanto vescovo di Roma, in origine il Papa veniva eletto con le stesse modalità seguite per i pastori delle comunità locali ma, in quanto riconosciuto successore del capo degli Apostoli, ad esso era riconosciuta una superiore autorità a garanzia della cattolicità (universalità) della Chiesa. Un deciso condizionamento venne a seguito dell’Editto di Milano del 313 che fino agli inizi del secolo XX ha imposto il modello “costantiniano”. Questo sostanzialmente ha legato la funzione pastorale del Papa all’esercizio del potere temporale sia in chiave passiva come condizionamento di imperatori e di re sulla vita ecclesiale sia, successivamente, in chiave attiva come esercizio di prerogative di governo temporale. Nella particolarità della società romana, la figura del Papa si imponeva a quella degli esponenti delle famiglie patrizie che finirono per disputarsi questo ruolo eccellente che, nel contesto culturale medievale, contendeva all’imperatore il valore massimo della universalità. Non sono state rare alcune conclusioni traumatiche di conclavi con la contrapposizione di Papi e di Antipapi e conseguenti scismi. In alcuni di questi momenti difficili Acerra non ebbe un ruolo marginale: nella contesa tra Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II, uno dei primi vescovi di Acerra fu deposto dal Concilio di Pisa del 1135 perché “scismatico e manifestamente spergiuro”; sul contro-conclave di Fondi che nel 1378 elesse l’antipapa Clemente VII e diede avvio al Grande scisma d’Occidente faceva “buona guardia” Ottone di Brunswick, quarto marito di Giovanna I d’Angiò e conte di Acerra.  Anche i grandi movimenti riformatori dei primi secoli del secondo millennio e lo stesso nuovo corso dato alla Chiesa dal Concilio di Trento non modificarono l’impostazione “costantiniana” non fosse altro che per il perdurante potere temporale del Papa e per la sussistenza di diritti riconosciuti ai regnati. Ancora nel 1903, l’imperatore d’Austria voleva far valere il diritto di veto sulle decisioni del conclave in base ad un privilegio concesso a Ottone I nel 964. Ciò spiega, al di là delle umane attese, la lettura “politica” che ancora si vuole dare al conclave ed in genere all’azione pastorale del Pontefice. Così pure è legittimo in sede storiografica registrare lo scandalo di avvenimenti contrastanti con la specchiata moralità che ci si attende per la vita ecclesiale, salvo, però, a non caricare vicende proprie di contesti passati con giudizi morali propri del presente. Ma la storiografia ecclesiastica ha una particolarità derivante dalla specificità dell’oggetto della sua ricerca; se come detto la Chiesa assomma al connotato umano anche quello spirituale, il parametro della sua storia non è il tempo degli uomini ma quello della prospettiva della salvezza. In tale visione, le vicende della vita ecclesiale, anche quelle che oggi sono avvertite con fastidio perché lontane dalla sensibilità contemporanea, danno contezza del cammino verso la realizzazione del Regno di Dio che non è solo attesa della “parusia” ma sforzo costante e a volte lacerante di attuare nel presente la fedeltà al messaggio evangelico.

In conclusione, al di là delle chiacchiere e dei maldestri tentativi di condizionamento dei potenti, per i credenti il Papa individuato dai cardinali elettori è sempre quello che, con l’aiuto dello Spirito Santo, guida la Chiesa verso la piena realizzazione del Regno di Dio.

                                                                                                                                                                       Gennaro Niola

 

Indicazioni liturgiche per la Sede vacante e l’elezione del Papa