Quella che celebriamo stasera, nella messa della vigilia, e domani nel giorno proprio, è una delle più antiche feste cristiane. Il popolo di Dio, fin dagli inizi, ha avuto sempre un rapporto particolare, filiale, tenero, con la Madre del Signore, già prima che la Chiesa ufficialmente potesse dichiarare che Maria non ha conosciuto la corruzione del sepolcro, della tomba, il disfacimento del suo corpo, come avviene per tutti noi che siamo destinati alla morte.
La Vergine Maria è stata assunta in cielo, in corpo e anima. La Chiesa solo recentemente ha proclamato questa verità: mancano ancora 25 anni, a Dio piacendo, per festeggiare il secolo da quando il Papa Pio XII proclamò nel 1950 solennemente la verità di fede celebrata in questa festa: che la Vergine Maria, la Madre del Figlio di Dio fatto uomo, è stata assunta in cielo, in corpo e in anima. Non riguarda semplicemente l’immortalità dell’anima; la fede della Chiesa dice molto di più, parla di risurrezione del corpo, della carne, come ci ha detto san Paolo nella seconda lettura: «Quando i nostri corpi saranno rivestiti di incorruttibilità» cioè risorgeranno.
Ma questo il popolo di Dio fedele l’ha creduto fin dagli inizi. La Chiesa, sempre molto cauta e prudente, non va di fretta, ha aspettato, e finalmente nel 1950 il Papa Pio XII proclamò solennemente questa verità di fede molto importante, perché ha a che fare con il mistero centrale della nostra fede: Gesù Cristo crocifisso e risorto dai morti. Senza questa fede in Gesù risorto, la nostra fede è vana e noi perdiamo tempo; se non si crede nella risurrezione di Cristo è inutile sperare e andare avanti perché ormai il destino è segnato.
Lo voglio dire e ribadire perché molto spesso ci sono persone – anche credenti devoti, che vivono una certa religiosità – per le quali Cristo che sia risorto o meno è indifferente; qualcuno le definisce addirittura sciocchezze!
Ma se Cristo non è risorto, stiamo perdendo tempo! San Paolo lo dice chiaramente: «Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede!». Perché questo è il fondamento, la base della costruzione: tolto il pilastro crolla l’edificio della nostra fede.
Ecco perché questa festa del 15 agosto viene chiamata simpaticamente la “Pasqua dell’estate!”.
Perché dice il riferimento alla Pasqua di Gesù? E come si è arrivati poco alla volta a questa verità?
Che fine ha fatto quella donna quella donna di cui parlano i Vangeli, la Madre di Gesù, colei che l’ha generato, ha generato il Figlio di Dio, colei che lo ha accompagnato fino alla fine, sotto la croce? I Vangeli non ne parlano, le Scritture tacciono su questo, non dicono niente.
Però, a poco alla volta la fede del popolo di Dio è giunta a questa conclusione: non era possibile che questa donna, unita in tutto al Figlio – nella generazione l’ha portato in grembo, nel parto l’ha fatto nascere, soprattutto nell’obbedienza della fede ha creduto in Lui fino alla croce – conoscesse la corruzione della tomba, il sepolcro.
Bella la frase del Vangelo che abbiamo ascoltato poco fa, un passo breve ma carico di significato, in cui una donna del popolo dice a Gesù: «Beato il seno da cui hai preso il latte». Noi lo diciamo in napoletano: «Beat chella mamm che t’ha fatt». E Gesù ribatte che sebbene sia grande la Madre perché lo ha fatto nascere, non è questa la cosa più importante, bensì «beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica». Maria è grande non tanto perché ha generato fisicamente Gesù, ma perché ha creduto in Lui. È la prima credente, la prima discepola, colei che per prima si è aperta al Vangelo e ha obbedito alla Parola del Signore.
La tradizione orientale e la Chiesa Occidente. Per la Chiesa orientale «Maria si è addormentata». Come la vedete qui, al mio fianco. Molti che vengono da fuori si chiederanno: «Ma che cosa è lì?». Quelli di Acerra sono invece abituati, perché da noi Maria non è la statua della Madonna come tutte le altre immagini della Vergine Assunta in cielo, in alto; qui è coricata e addormentata.
Ad Acerra noi conserviamo anche questa tradizione dell’Oriente, perché la nostra città ha a che fare con l’Oriente? Molti non lo sanno: i nostri santi patroni, Cuono e Figlio, vengono dall’Oriente, per questo hanno la pelle scura, perché sono stati portati, sono turchi, di Iconio, l’attuale Konya che sta in Turchia. Anche i nomi e i cognomi ne risentono: infatti, non tutti lo sanno, ma probabilmente il cognome abbastanza diffuso ad Acerra, “soriano”, potrebbe avere a che fare con gli orientali e derivare da “siriano”, perché allora, a quei tempi, gli orientali venivano chiamati “siriani”, cioè abitanti della Siria. E dunque Acerra ha conservato questa tradizione, che è orientale!
Oggi, i nostri fratelli e sorelle d’Oriente, soprattutto gli ortodossi, celebrano sì la nostra festa, anzi loro credono più di noi nella Madonna, però non la chiamano Assunta, ma parlano appunto di Dormitio Virginis.
Maria si è addormentata, e di fatti questa immagine la raffigura come dormiente. Poi si alza: ecco, noi abbiamo tutte e due le tradizioni! E allora i nostri amici della Cattedrale – per noi è doppia festa, perché anche la parrocchia è intitolata l’Assunta – in sacrestia sono già pronti per domani a cambiare la scena: quella che stasera vediamo addormentata, domani la vedremo Assunta, alzata. Bellissimo il termine Assunta, si è alzata! Oggi purtroppo nessuno sceglie più questo nome, eppure è un termine bellissimo! Esso ci dice che la Madonna, Maria, è stata presa, sollevata, ed è stata portata in alto, come indica il quadro che sta in fondo all’altare: in genere in tutte le raffigurazioni dell’Assunta la Madonna è portata in alto.
Dunque la Vergine Assunta si stacca da terra: è un pò come l’ascensione di Gesù, che è salito al cielo e siede alla destra del Padre. Così è successo per Maria: è stata assunta in anima e corpo, tutta quanta. Questo significa che un suo sepolcro non c’è: come non c’è la tomba di Cristo così non c’è la tomba di Maria. Mentre parlo penso al momento centrale del nostro pellegrinaggio diocesano in Terra Santa nell’ottobre del 2019: la visita al Santo Sepolcro, alla tomba di Gesù vuota. Bene, così è di Maria: gli orientali dicono si è addormentata, la Dormitio. E anche questo è un termine bellissimo per la nostra fede: i nostri morti si sono addormentati. Tra poco nella liturgia infatti diremo: «Ricordati Signore di quelli che si sono addormentati nella speranza».
La parola cimitero viene dal greco e significa «luogo dove stanno quelli che dormono», che si sono addormentati, la morte è il sonno, il «transito» la chiamava san Francesco d’Assisi. Dormitio: Maria si è addormentata!
Una festa di speranza con lo sguardo verso l’Alto. L’Occidente, la nostra fede romana, cattolica, usa la parola Assunta, che è più forte: non semplicemente si è addormentata, ma addirittura è stata portata in anima e corpo nella gloria del Padre. Anche se i Vangeli non ne parlano e le Scritture tacciono in merito, questa verità di fede ha un fondamento: Maria è stata unita in tutto al Figlio, del quale al termine della sua vita conosce la gloria.
«Assunta in cielo, in corpo e anima». Questo indica che il corpo è molto importante, va curato e sostenuto. E’ il mezzo, lo strumento di cui ci serviamo per comunicare con gli altri, parlare e ascoltare. E la risurrezione riguarderà tutto l’uomo, tutta la donna, tutta la persona umana, corpo e anima: tutto quello che avremo vissuto – le emozioni, le sensazioni, l’amore, gli affetti, le sofferenze, i dolori, le malattie, chi più ne ha più ne metta – tutto questo riguarderà un giorno la gloria. Niente andrà perduto, non si può dire: l’anima spirituale sopravvive e il corpo va a finire alla rottamazione, al cimitero! Noi cristiani crediamo che tutta la persona umana – corpo e anima, sentimenti e affetti – sarà riscattata.
E se parliamo dell’Assunta, portata in alto, il messaggio è questo: guardiamo in alto! Me lo ha suggerito una volta uno scalatore dicendomi che quando si scala una parete non si deve guardare mai indietro, perché chi guarda giù si fa prendere dalle vertigini.
Guarda avanti, guarda in alto, devi andare sempre avanti!
Noi non scaliamo fisicamente, eppure nella nostra vita siamo chiamati ad arrampicarci su altre pareti e ognuno ha una montagna da salire! Perciò: non guardare indietro, non guardare giù! Guarda in alto, davanti! Guarda al futuro, a quello che verrà! Non è facile, ma quella di stasera è una grande festa di speranza, perché ci fa pensare a Maria Assunta in cielo, e dunque al nostro destino: dove siamo diretti, dove andiamo, qual è l’obiettivo ultimo?
Aggrappati alla speranza che non delude. «La speranza non delude» è la frase di san Paolo che papa Francesco ha scelto come titolo del Giubileo che stiamo vivendo, e che abbiamo inciso nello striscione in alto all’ingresso della Cattedrale. Certo, la nostra speranza spesso è messa in crisi. Per questo vorrei ripetere insieme a voi stasera: «La speranza non delude».
Qualcuno sorride di fronte a questa certezza della nostra fede. Noi infatti abbiamo ucciso la speranza: «Chi di speranza vive disperato muore» è un proverbio popolare contro il Vangelo!
È una virtù difficile la speranza, dobbiamo ammetterlo! Addirittura c’è un altro proverbio secondo il quale «finché c’è vita c’è speranza». E’ vero il contrario! «Finché c’è speranza c’è vita!».
La speranza è una virtù molto difficile perché siamo destinati a non vedere mai i risultati del nostro impegno in questi tempi ultimi, soprattutto per i roghi tossici. Fuochi che ci assediano da tutte le parti, con l’odore acre del bruciato nelle nostre terre, nonostante l’instancabile impegno di tanti per combattere l’inquinamento.
E proprio in questi giorni uno scrittore importante, Roberto Saviano, nel vedere che i processi non si fanno, che le cose non vanno bene, ha scritto un articolo sul Corriere della Sera dicendo che «è stato tutto inutile, anni buttati via senza nessun risultato». Come dargli torto? Certo, e non solo nell’impegno contro l’inquinamento, ma in tanti campi uno viene deluso. E lui ha buttato la spugna. Alla fine dice «ormai tutto è finito, io non mi impegno più».
Gli ho scritto una lettera di incoraggiamento. Ci sono stati anche molti post su Facebook, di chi è deciso a continuare a lottare, anche se molte battaglie sembrano perdute, come l’impegno dei genitori per i figli nel difenderli dalle malattie e altro!
È vero, è raro che qualcuno nella sua vita veda il compimento delle sue speranze. Molto spesso ci sono quelli che seminano e altri raccolgono. Noi raccogliamo quello che i nostri padri hanno seminato. Speriamo che dopo di noi ci saranno quelli che raccoglieranno quello che noi abbiamo seminato, se davvero abbiamo seminato! Ma non bisogna arrendersi mai, bensì lottare, impegnarsi, anche se non sempre si vedono i risultati.
Guarda in alto, guarda in alto, non guardare dietro, non guardare giù, guarda in alto!
E voglio chiudere con questa bella frase di uno scrittore francese del Novecento. E’ un poeta cattolico, Charles Péguy, che ha scritto un libretto bellissimo sulla speranza. La seconda virtù – fede, speranza e carità. E dice così: «Dio non si meraviglia tanto della fede nostra, e neanche della carità, se la facciamo; ma si commuove per la speranza degli uomini. E arriva a chiedersi: “Ma guarda questa gente, vede come vanno male le cose oggi, eppure spera che domani andranno meglio. Questo mi commuove – dice Dio. «Questo mi attira, non la loro fede, non la loro carità, ma il fatto che gli uomini sperano nonostante tutto, e vanno avanti nella speranza».
Allora, festa di speranza l’Assunta. Fate festa bene, riposatevi bene se potete. E’ una grande festa di speranza, quella che non delude. Ricordatevi di guardare in alto, non guardate dietro e giù, ma in alto, in alto!
Cattedrale di Acerra, 14 agosto 2025
+ Antonio
vescovo

