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Ritratto del Vescovo Capasso, A. Dubinin, 2021

Mons. Nicola Alfonso Capasso (1886-1968) nacque a Frattamaggiore nel 1886 e venne ordinato sacerdote il 2 luglio del 1910 dal Vescovo di Aversa Mons. Francesco Vento. Laureato in lettere presso l’Università di Napoli, fu parroco a Frattamaggiore nella chiesa di San Rocco dal 1920 al 1932, fu poi rettore presso il seminario di Aversa, ed eletto vescovo di Acerra nel 1933.

I nuovi rapporti tra lo Stato italiano fascista e la Chiesa Cattolica furono riassunti dal Concordato del 1929. La fine dell’isolamento in cui si era rinchiuso il Vaticano portò alla costituzione dell’Azione Cattolica come nuova organizzazione laicale cattolica. Invano il fascismo tentò di chiudere questi circoli associativi, accontentandosi di poter solo vigilare sulle sue attività.

Anche ad Acerra questa nuova vitalità si ritrovò nella nascita del “Bollettino Diocesano”, curato personalmente dal vescovo Capasso e da Mons. Stompanato.

Il vescovo godeva di massima autorevolezza, per la fermezza del suo carattere e la sua vita austera. Fu attento alle esigenze del seminario e alla formazione del clero.

L’avvento della guerra focalizzò anche l’opera del prelato sull’aiuto alla popolazione. Nel 1943 mentre molti avevano lasciato le città, mons. Capasso decise di restare nel suo Episcopio insieme alla popolazione e più volte aveva protestato contro le angherie che subivano da parte dei tedeschi. Il 1 ottobre seppe che i tedeschi avevano rastrellato un certo numero di cittadini acerrani e con loro anche il parroco don Tommaso Carfora. Il vescovo, avvisato, accorse in loro aiuto e si oppose con fermezza a tale vile atto, protestando contro il comandante; ma ebbe lo stesso trattamento, fu fatto prigioniero e malmenato, in seguito i tedeschi decisero di liberare tutti. Non esitò ad ospitare nell’Episcopio i giovani acerrani che sfuggivano ai tedeschi. Per questo suo comportamento coraggioso fu proposto dal ministro degli interni, on. Scelba, per la medaglia d’oro al valore civile che egli rifiutò “poiché i sacerdoti devono dare esempio di adempimento ai propri doveri”.

All’arrivo degli americani si adoperò per il ritorno alla normalità, benediceva personalmente i cadaveri e si diede da fare con tutte le sue forze, anche economiche, per la ricostruzione.

Durante gli anni ’50 appoggiò in linea con il magistero della Chiesa, la formazione del nuovo partito di stampo cattolico della Democrazia Cristiana, tanto che l’Episcopio durante le elezioni si trasformava in una sede elettorale. Questo suo impegno era sempre sotteso al miglioramento della vita dei fedeli. Esso si tradusse nella costituzione di varie opere assistenziali e nell’appoggio ad un progetto di rivalutazione della produzione della canapa.

Ma la priorità del Vescovo restò sempre la crescita nella vita religiosa della sua diocesi. Comprese che per rendere la parrocchia un luogo di incontro e di fraternità bisognava puntare sulla formazione di un laicato attivo, attraverso l’Azione Cattolica. Ne sostenne l’operato tanto che da Acerra uscirono ben due dirigenti nazionali.

Sostenne la diocesi sempre nel rispetto del magistero universale, accompagnandola negli anni del Concilio Vaticano II.

Il 16 febbraio 1966, nel rispetto della nuova norma che chiedeva ai Vescovi di ritirarsi al compimento dei 75 anni di età, diede le sue dimissioni da Vescovo di Acerra. Ritornò nella natìa Frattamaggiore, dove morì il 27 aprile 1968.

 

I pannelli nella mostra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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