Per noi uomini e per la nostra salvezza

5 aprile 2020 – Domenica delle Palme – A

Si apre davanti a noi la Grande Settimana «che manifesta e riassume il messaggio del Vangelo, quello dell’amore di Dio senza limiti» (Papa Francesco).

Non potendo partecipare ai Riti in Chiesa, seguendo le celebrazioni in TV o dallo smartphone rischiamo di sentirci semplici spettatori. No, non stiamo assistendo ad uno dei tanti spettacoli perché nel mistero pasquale di Cristo ci siamo pure noi, siamo stati resi partecipi con il battesimo (cf Rm 6,3-11) e siamo chiamati a viverlo quotidianamente nell’amore reciproco e verso tutti, dando compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella nostra carne (cf Col 1,24).

In questi giorni Gesù patisce nelle tante persone colpite dalla malattia, in coloro che li assistono nelle corsie degli ospedali o a casa: ero «malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); patisce in coloro che hanno perso i loro cari, in chi non lavorando manca dell’essenziale per vivere. Patisce in ciascuno di noi perché Cristo non è estraneo a ciò che viviamo, ha preso su di sé la nostra debolezza, «si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4); patisce per noi uomini e per la nostra salvezza perché è venuto a liberarci dal peccato e dalla morte: «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».

Sì, stiamo a casa e non possiamo attingere alla fonte e al culmine della nostra vita cristiana, all’Eucaristia (cf LG 11; CCC 1324), ma questo, anche con grande sofferenza, non deve permetterci di far passare questa Pasqua senza viverla. Con Maria, sua e nostra Madre, mettiamoci sui passi di Gesù, entriamo con lui nella città santa, lasciamoci guidare dalla Parola e contempliamo il suo infinito amore per ricevere la forza di rialzarci e risorgere pure noi a vita nuova.

Sappiamo già cosa ti accadrà Gesù, come andrà a finire, ma aiutaci a non perdere lo stupore e il dolore per ciò che hai sofferto. Vogliamo fare nostri i tuoi sentimenti, vogliamo sentire in noi quello che hai provato quando nell’ultima cena ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua e mentre annunci il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, tuoi apostoli, tuoi amici! Quando nel Getsemani eri «triste fine alla morte» e i tuoi dormivano. Quando il gesto più tenero, un bacio, ti ha consegnato nelle mani dei tuoi carnefici.

Sei stato trattato come l’ultimo dei malfattori, è stato preferito un assassino, Barabba a te; condannato ingiustamente, non hai aperto bocca per difenderti, ma alla domanda di Caifa hai risposto, hai detto la verità e per questa sei stato condannato: morire per la verità, ma la Verità non muore! Hai resistito fino all’ultimo alle tentazioni e dalla croce non sei sceso, tu non sei venuto per dare spettacolo ma per dare salvezza, non per obbedire agli uomini, ma al Padre: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». E in te ogni Scrittura si è compiuta, ci hai amati fino alla fine. Abbandonato da tutti, hai dato la vita per tutti, hai dato la vita per me. Tanti ti hanno ascoltato, ma solo un centurione, un pagano abituato alla morte, ha riconosciuto, nel tuo modo di morire, che tu sei la risurrezione e la vita: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

Gesù, non sia uno spettacolo la tua passione, ma tocchi il mio cuore, mi aiuti a conoscere te e mi faccia rendere conto quanto mi ami fino a rendermi capace di amare come te, fino alla fine! Amen.

don Alfonso Lettieri