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Ritratto del Vescovo Riboldi, A. Dubinin, 2021

Mons. Antonio Riboldi (1923-2017) nacque a Tregasio, frazione di Triuggio (MI) il 16 Gennaio 1923. Terzo di sette figli, proveniva da una famiglia di modeste condizioni economiche. Nel 1931 ricevette la Cresima dalle mani del cardinale Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, di cui subì il fascino, tanto che iniziò un periodo di discernimento vocazionale. Per le ristrettezze economiche della famiglia non potè frequentare il Seminario Vescovile e si aprì così per lui la strada verso l’Istituto dei Padri Rosminiani.

Il 1 luglio 1944 emise i primi voti e ricevette l’incarico di prefetto dei piccoli convittori nel Collegio dove iniziò gli studi liceali.

Nella primavera 1944, trovandosi alla Sacra di San Michele in Val di Susa per un periodo di studio, fu coinvolto in una rappresaglia dei soldati tedeschi che misero al muro lui e gli altri novizi e Padri Rosminiani per due ore minacciandoli di fucilazione. Dopo un colloquio dell’ufficiale tedesco con Padre Andrea Alotto il gruppo di religiosi venne liberato.

Venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1951 a Novara. I primi anni furono per lui dediti all’insegnamento e ad un’intensa attività pastorale con i giovani. Nel 1958 fu inviato a Santa Ninfa, nella Valle del Belice e Diocesi di Mazara del Vallo, come coadiutore del parroco, in una comunità con tante povertà materiali e spirituali. Dopo un anno successe al parroco e iniziò la sua opera di pastore: predispose una sala per l’Azione Cattolica, diede vigore alle attività di catechesi e cominciò a radunare i giovani del luogo attorno a sé. Nel 1968 si trovò a fronteggiare lo stato d’emergenza causato dal terremoto che sconvolse la terra trapanese, fronteggiando assieme ai suoi parrocchiani le prepotenze della mafia, organizzando la loro lotta per ottenere una casa e abitando per anni, come loro, in una baracca di legno. Iniziò così la sua opera di ricostruzione non solo spirituale ma anche materiale. Partecipò a cortei e manifestazioni davanti al Parlamento in difesa delle richieste dei suoi concittadini e, nel 1976, insieme a 60 bambini fu ricevuto al Quirinale e poi dal Santo Padre per denunciare l’abbandono in cui furono lasciare quelle popolazioni. Da allora fu conosciuto in Italia con il nome di “Don Terremoto”.

Il 25 febbraio 1978 papa Paolo VI lo nominò vescovo di Acerra, succedendo a 12 anni di amministrazione apostolica. Ricevette l’ordinazione episcopale l’11 marzo 1978 sotto una tenda nella piazza di S. Ninfa dall’arcivescovo di Palermo cardinal Salvatore Pappalardo.

La sua attività di Pastore si può schematizzare in due versanti, quello interno e quello esterno alla diocesi.

Dopo gli anni di assenza del Vescovo si accorse di dover dare nuovo impulso alla vita della Diocesi. Nacque così l’idea dei “Convegni diocesani annuali”, per radunare preti e laici e camminare insieme nella comunione, cercando di attuare le novità del Concilio. Rinnovò gli uffici di Curia, sotto la sua azione nacque la scuola diocesana per gli operatori pastorali, l’istituto culturale “A. Rosmini” e la scuola per la formazione al Sociale e al Politico. Aveva particolare riguardo per le Giornate per la Vita, diede impulso alcune opere a favore dei minori a rischio ed era attento a cogliere le nuove povertà che nascevano.

Fu anche conferenziere, giornalista, speaker, prestando la sua voce per denunciare le fragilità e le illegalità presenti in Italia.

Ad Acerra, infatti, terra di complicazioni sociali, monsignor Riboldi concentrò il suo impegno contro la camorra: attraverso dure prediche ed esortazioni fatte in chiesa e con la sua azione di persuasione tra i fedeli, contribuì a rompere il muro di omertà, suscitando pentimenti e collaborazioni con la giustizia. E così da “Don Terremoto” divenne il “Vescovo anti-camorra” e il suo motto: “Non posso tacere”.

Negli anni ottanta ha svolto il suo apostolato anche in diverse carceri italiane, dove ha incontrato numerosi “pentiti” della lotta armata, tra cui il boss Raffaele Cutolo che volle confessarsi con lui.

Il 16 gennaio 1998 presentò le dimissioni per raggiunti limiti di età che verranno accettate da Papa Giovanni Paolo II il 7 dicembre 1999.

Anche da vescovo emerito restò nella sua amata Acerra, trasferendosi nel restaurato convento dei domenicani, dedicandosi alla predicazione e alla corrispondenza.

In occasione del compimento dei suoi 90 anni di vita, la casa editrice Mondadori, pubblicò nel gennaio 2013, un libro dal titolo “Ascolta si fa sera. Brevi pensieri oltre gli affanni della giornata”, testo che racchiude i suoi interventi alla trasmissione “Ascolta, si fa sera”.

Il 30 maggio 2015, nella sede del Consiglio Comunale della città di Acerra, l’amministrazione gli ha conferito la cittadinanza onoraria.

Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2017 morì a Stresa, presso il Collegio Rosmini, dove si era ritirato dal luglio precedente.

In seguito ai solenni funerali presieduti il 13 dicembre dal vescovo di Acerra Antonio Di Donna, è stato tumulato per sua volontà all’interno della Cattedrale di Santa Maria Assunta.

 

I pannelli nella mostra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’arte del Munari