Lettera al Mattino

Al dott. Alessandro Barbano
Direttore del Mattino
 
 
Caro direttore,
 
contravvenendo al mio stile pastorale, scrivo dopo l’articolo di Antonio Galdo del 4 novembre, attraverso il quale il suo giornale mi ha duramente attaccato. Ma lo faccio proprio per esprimere il mio profondo dissenso rispetto al contenuto dell’articolo, frutto anch’esso di una strumentalizzazione dell’omelia da me pronunciata lo scorso 2 novembre e lontano anni luce dalla mia storia personale e sacerdotale.
 
Innanzitutto, è falso che nello stop alle ecoballe vince il vescovo (come recita il titolo dello stesso articolo apparso in prima pagina), perché già precedentemente il sindaco si era attivato presso il prefetto.
 
L’accusa di vescovo «populista» è un vecchio ritornello laicista che vorrebbe la Chiesa in sagrestia a pensare solo alle anime. Il Vangelo, i Padri della Chiesa, il Magistero dei Papi, la Dottrina Sociale della Chiesa vanno in un’altra direzione. Solo per citare l’ultimo documento di Papa Francesco, l’Evangelii gaudium: «Non si può affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo….. E nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale». Anche il Papa è populista? Sono populisti anche i Vescovi della Campania, con i loro recenti appelli sul dramma umanitario della nostra regione?.
 
La mia omelia del 2 novembre è stata pronunciata in un contesto liturgico e non risponde ad una strategia: il vescovo parla nell’unico luogo che gli è proprio: la celebrazione liturgica. E in genere, forse a qualcuno sfugge, nel giorno della commemorazione dei defunti, il vescovo celebra al cimitero. E nel cimitero di Acerra sono sepolti Tonia, Michele, Francesco, Tina, Nello.
 
Nell’omelia, per chi la legge senza pregiudizi, io non ho fatto altro che riferirmi a documenti ed atti dell’Amministrazione comunale ben noti a chi da anni studia e vive il dramma ambientale.
 
Qualche esempio:
 
– che l’ambiente ad Acerra sia saturo lo dichiara il Decreto Prodi (263 del 2006), che parla di area disastrata per diossina;
 
– le garanzie richieste sono le stesse che il popolo chiede da anni e recentemente anche l’Amministrazione comunale, la quale afferma anche che la regione non può autorizzare il funzionamento dell’impianto perché è il proprietario, e il soggetto che controlla non può coincidere con il controllato;
 
– che le gare per gli altri inceneritori siano andate deserte è un dato di fatto, ed è ovvio che in questo caso l’inceneritore di Acerra rimarrà l’unico, come del resto pessimisticamente conclude Antonio Galdo nell’articolo di cui sopra;
 
– che io abbia chiesto che l’A2A accetti un comitato di controllo sul funzionamento dell’impianto lo auspica anche il ministro Galletti il quale dice in un’intervista: «Sono pronto a dire sì a dei comitati di controllo sul funzionamento dei termovalorizzatori. Comitati con rappresentanti degli enti locali e della popolazione» (Avvenire, 22 agosto 2014).
 
In verità, nell’omelia ho più volte invitato al dialogo, al dovere da parte delle istituzioni di dare garanzie, ed ho messo in guardia da possibili strumentalizzazioni del dramma ambientale, dall’una e dall’altra parte. In tal senso si spiega il comunicato inviato agli organi di informazione dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Acerra il 3 novembre in cui si afferma che «ogni atto estremistico non si pone nella linea di quanto affermato nell’omelia dal vescovo, il quale diffida quanti volessero strumentalizzarla per propri fini ideologici». Quel comunicato non è affatto una marcia indietro: io riaffermo e ribadisco quanto detto nell’omelia; quel comunicato io l’ho fatto per due motivi: essendo il vescovo fuori sede, giungevano notizie allarmanti circa il presidio presso l’inceneritore e, preoccupato per possibili incidenti, ho voluto indirettamente invitare i manifestanti a recedere dal blocco dell’impianto. Inoltre, essendo tale blocco intervenuto subito dopo la mia omelia, ho voluto prendere le distanze perché essa non fosse strumentalizzata e interpretata come un invito in tal senso.
 
«Non esiste un’alternativa allo smaltimento previsto ad Acerra», scrive Galdo nell’articolo prima menzionato, quasi a dire che l’unica alternativa all’impegno per la vita e la salute è la rassegnazione: Questa è la situazione e bisogna che il popolo di Acerra si adatti, sembra la conclusione naturale a cui giunge l’articolo di Galdo. Dissento totalmente da questa impostazione.
 
Ci si dia fare invece, da parte di tutti, per dare risposte concrete a quelle domande che non sono del vescovo ma sono oggettive e documentate.
 
L’unica mia preoccupazione, ed è il mio appello, è per quelli che stanno presidiando l’inceneritore: non si lascino strumentalizzare, non blocchino l’impianto per evitare incidenti e ancora una volta ripeto, come già scritto nel comunicato del 3 novembre, «che qualsiasi giusta ragione debba passare attraverso tavoli istituzionali, senza alcun ricorso ad estremismi e a forme di violenza». La Chiesa si impegna a mediare tra tutte le parti in causa alla ricerca di soluzioni condivise.
 
Ma in conclusione, non posso non pormi la domanda: le virtuosità presunte elencate da Galdo – «le ecoballe in arrivo da Eboli, come è documentato da tutte le indagini dell’Arpac, contengono rifiuti che non sono né tossici né pericolosi»; «tutte le emissioni dell’inceneritore di Acerra sono nettamente al di sotto di quelle previste dalle normative europee e nazionali»; «l’impianto, che funziona al 100 per cento della sua capacità produttiva, non crea pericoli sul territorio»; «il termovalorizzatore lavora in completa sicurezza, trasforma in energia buona parte della presunta spazzatura della Campania e contribuisce a ridurre le emissioni tossiche sul territorio» – come mai, mi chiedo, tutte queste virtuosità non sono condivise dall’opinione pubblica e da tanti esperti del settore?
 
 
Cordialmente,
Antonio Di Donna
Vescovo di Acerra