Festa Patronale ad Acerra

La città si affida ai Santi Cuono e Figlio per ritrovare la sua storia

Il vescovo Antonio Di Donna: «I Santi Protettori ci aiutino a recuperare la nostra identità e a superare i moderni flagelli come l’usura e il gioco». E annuncia «un tavolo di confronto permanente per mantenere viva l’attenzione e sostenere il coordinamento di tutte le forze sane della città»

«Forza Acerra, guarda in alto, perché la mano della misericordia di Dio non si è ritirata, e la protezione dei tuoi santi patroni non è venuta meno». In due volte il vescovo Antonio Di Donna ha spronato gli acerrani a «rialzare la testa e riprendere in mano il destino della comunità».
La mattina, in Cattedrale durante la solenne concelebrazione con tutti i sacerdoti della città, e la sera, dopo la processione per le vie cittadine con le reliquie e le statue dei santi patroni. «Quando tornate a casa – ha detto il vescovo prima di impartire la benedizione alle 9 di sera ritornando in Cattedrale dopo la processione – sappiate che Dio vi ama, e che i santi Cuono e Figlio ancora ci proteggono in questo tempo difficile». Non senza però richiamare tutti, con coraggio e impegno, a fare la propria parte.
Ritrovando innanzitutto il senso di appartenenza ai propri santi protettori, per ricostruire la propria identità di popolo. «Come mai – si è chiesto provocatoriamente la mattina il vescovo – nessuno chiama più i figli con il nome di Cuono?». Riappropriamoci dei nostri santi – ha esortato Di Donna – per riprenderci la nostra città».
 
Un padre e un figlio, laici, che gli acerrani venerano come patroni da sempre. Cuono e Figlio sono cristiani vissuti e morti martiri del Vangelo intorno al 275 dopo Cristo ad Iconio, città dell’attuale Turchia. Più di mille anni fa, quando i Bizantini conquistarono le coste italiane, il culto per questi santi martiri arrivò anche da noi. Gli acerrani li hanno sempre invocati nelle situazioni di pericolo per essere salvati da Dio. Cuono e Figlio erano cristiani impegnati – il padre una specie di moderno ingegnere delle acque, il figlio un diacono – e ancora oggi il popolo di Acerra si identifica con i suoi “unici” santi patroni.
 
Per la prima volta, monsignor Antonio Di Donna ha celebrato quest’anno la festa liturgica il 29 maggio. E siccome «la festa dei Santi Cuono e Figlio è la festa della città, della sua identità», il vescovo ha invocato i patroni perché aiutino gli acerrani «ad operare per ridare a questa città la sua identità».
 
Acerra – ha ammonito il vescovo la mattina in Cattedrale, e poi la sera durante la processione per le strade della città – non può permettersi di perdere la propria identità cittadina dimenticando la sua «millenaria storia di comunità autonoma», oggi a rischio per una «programmazione elaborata da altri che non si preoccupano di rispettare Acerra», bensì perseguono interessi diversi e spesso non contrapposti al vero bene della città. «Proprio un mese fa, lo scorso 29 aprile in Cattedrale» Di Donna aveva invitato «tutta la città per riflettere sul futuro della nostra terra. Quell’incontro – ha annunciato il vescovo davanti ad autorità civili e militari – avrà un seguito: vogliamo mantenere desta l’attenzione su questo tema; vogliamo sostenere il coordinamento di tutte le forze sane e vive della città; vogliamo istituire un tavolo di confronto permanente per mantenere periodicamente desta l’attenzione».
 
Per Di Donna, al rischio di perdere la propria identità si aggiunge la crisi di «una rappresentanza che questa città stenta a trovare: molti non si sentono rappresentati, si sentono abbandonati». Il vescovo ha poi invitato a «compiere un deciso salto di qualità e valorizzare tutte le energie e le competenze oggi disponibili sul territorio». Per recuperare la propria identità, infatti, è necessario anche il coraggio di affrontare insieme le difficoltà e pensare uniti un futuro migliore e possibile.
 
Il presule ha dunque proseguito la sua omelia evocando «la paura e la disperazione che si impadroniscono del cuore di numerose persone. La maggior parte degli uomini e delle donne della nostra città – ha tuonato Di Donna – vivono una quotidiana precarietà e il passo dalla rassegnazione al vivere alla giornata è breve». Il vescovo ha denunciato «questa economia che uccide, che considera l’essere umano come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare». E ancora, la paura da parte della gente «della vendetta della natura, che è stata violentata e offesa».
Infine, le «nuove miserie che offendono l’uomo e lo rendono schiavo», veri e propri «moderni flagelli dai quali vogliamo chiedere ai nostri Santi Patroni di proteggere la Città di Acerra: usura, gioco d’azzardo, incapacità di gestirsi l’economia quotidiana, il ricorso a prestiti economici per finalità futili».
Per ripartire, Di Donna ha indicato «il terreno su cui operare, quello culturale». Ma «non la cultura come occupazione del tempo libero, o folklore, per rendere più confortevole la città», bensì «quella che forma i futuri cittadini alla giustizia e al bene comune», chiamando in gioco «le scuole e la loro capacità di incidere sulla dinamica sociale, la tenuta delle nostre famiglie e il degrado urbano, in particolare del centro storico». Ribadendo che anche «la Chiesa farà la sua parte».